Dai Greci a Galileo...

Il pensiero astronomico nei secoli

di Franco Rama [parte terza]

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Abbiamo ormai percorso buona parte del nostro cammino nella Storia dell'Astronomia. L'avvento del Rinascimento europeo con la fioritura delle arti, le grandi esplorazioni, le nuove filosofie stimolano il pensiero scientifico.

Martin Lutero promulga le novantacinque tesi contro le indulgenze papali (1517) dando inizio alla sua Riforma alla quale la Chiesa cattolica, dapprima tollerante, risponde con la Contro-Riforma e l'Inquisizione.

In questi anni un canonico polacco, Niccolò Copernico (1473-1543), che aveva trascorso buona parte della sua vita in Italia studiando astronomia, diritto canonico e medicina alle prestigiose Università di Bologna, Padova e Ferrara, riprende l'ipotesi eliocentrica di Aristarco e ne dà una rigorosa dimostrazione tramite procedimenti matematici. Tra il 1516 e il 1536 scrive la sua opera fondamentale: De revolutionibus orbium celestium in cui descrive la sua interpretazione dei movimenti della Terra e degli altri Pianeti attorno al Sole, gettando le basi per la confutazione della teoria geocentrica allora accettata e mettendo in discussione l'intero sistema di pensiero in filosofia ed in religione. Timoroso di turbare questi delicati equilibri pubblicherà il De revolutionibus solo nel 1543, poco prima di morire, facendolo però precedere da un piccolo compendio, il De hypothesibus motuum coelestium commentariolus, in cui espone le sette petitiones che avrebbero dato vita ad una nuova astronomia.

Il Sistema Copernicano in pillole

Così come enunciato da Copernico nel Commentariolus, distribuito a pochi amici nel 1512 ma ritrovato e stampato solo nel 1878, il sistema copernicano prevede che non sia la Terra il centro dell'Universo e nemmeno il Sole; inoltre il movimento del Sole nel cielo è dovuto ad una rotazione della Terra e non ad un moto proprio solare e tutte le sfere (ad eccezione della sfera delle stelle fisse) ruotano attorno al Sole, spiegando così tutti i movimenti dei corpi celesti. Anche se non priva di difetti (le orbite erano ancora circolari, invece che ellittiche, gli epicicli non furono subito eliminati), la teoria fece molto scalpore tra gli scienziati dell'epoca che o l'abbracciarono e la svilupparono coi loro studi, come Galileo e Keplero, o la rifiutarono contestandola e cercando di modificarla, come fece Tycho Brahe.

kepler-j-foldout-browseAstronomia Nova, di Johannes Kepler

I Grandi Astronomi

Probabilmente il più grande astronomo a occhio nudo di tutti i tempi, Tycho Brahe (1546-1601) comprese che che il progresso poteva essere ottenuto non con osservazioni occasionali, ma solo con un'osservazione sistematica e rigorosa, notte dopo notte, e tramite l'uso di strumenti che fossero i più accurati possibili. Fondò il primo "istituto di ricerca astronomica" europeo, l'isola-osservatorio Uraniborg, da dove studiò la famosa supernova del 1572 e osservò diverse comete, dimostrando che si trovavano ad una distanza maggiore della distanza Terra-Luna, distruggendo così l'immutabilità aristotelica delle sfere cristalline. Raccoglie, con i sofisticati strumenti da lui costruiti, una mole impressionante di dati e misurazioni sui moti planetari che passeranno in eredità al suo primo assistente, Keplero.

Brahe, con la sua grande autorità scientifica, ritardò l'affermazione del modello di Copernico e creò un sistema ibrido, che da lui prese il nome di Ticonico: in questo modello la Terra è immobile, al centro di un universo racchiuso dalla sfera delle stelle fisse. Attorno alla Terra ruotano la Luna ed il Sole il quale, a sua volta, è il centro delle orbite degli altri pianeti (Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno). Il sistema Ticonico aveva il grande vantaggio di eliminare i conflitti con le Scritture (in un'epoca in cui finire sul rogo per eresia era faccenda quotidiana), mantenendo la Terra immobile e al centro dell'Universo, pur conservando una qualità dei calcoli matematici pari a quelli del sistema Copernicano.

Alla morte di Brahe, il suo successore come matematico ed astronomo imperiale è Johannes Kepler (1571-1630). Anch'egli ebbe la fortuna di osservare e studiare una famosa supernova, esplosa nel 1604, che prese poi il nome di Stella di Keplero. Sin dall'inizio della sua carriera appoggiò il sistema copernicano, tentando inutilmente di convincere il suo maestro Tycho Brahe, del quale poi catalogò l'enorme quantità di precise misurazioni arrivando a dedurne le sue famose tre leggi dell'astronomia: i pianeti percorrono orbite ellittiche ed il Sole occupa uno dei fuochi; la velocità di rivoluzione attorno al Sole varia col variare della distanza da esso; ed infine stabilì una relazione matematica tra il tempo impiegato a percorrere l'intera orbita e la distanza tra il pianeta ed il Sole, valida per ogni pianeta. Pubblicò le prime due leggi in un vero libro di astronomia l'Astronomia nova del 1609, mentre la terza fu inserita in un testo di che trattava anche di musica ed astrologia, Harmonices mundi, nel 1619.

A queste tre rivoluzionarie scoperte non fu riconosciuta subito l'importanza che avrebbero meritato: lo stesso Galileo si congratulò sì con lui per avere accolto l'eliocentrismo di Copernico, ma non commentò le leggi, anzi scrisse che alcuni dei suoi pensieri fossero "piutosto a diminutione della dottrina del Copernico che a stabilimento". Soltanto dopo la metà del Seicento, quando Newton si servì delle leggi di Keplero, queste vennero finalmente accettate dalla comunità scientifica.

autografo galileoL'autografo di Galileo Galilei

Il Gigante

Nasce a Pisa il 15 febbraio 1564 da Vincenzio Galilei, valente musicista ma commerciante per necessità, e Giulia Ammannati. Viene avviato allo studio della medicina, ma preferisce dedicarsi alla matematica che lo affascina molto di più. Abbandona perciò l'università di Pisa e, senza una formazione accademica, ottiene un incarico all'università di Padova dove, oltre alla matematica, insegna l'astronomia tolemaica pur dichiarandosi copernicano. Tra la fine del 1608 e l'inizio del 1609 viene a conoscenza del "cannone-occhiale", informato dall'amico Paolo Sarpi e da un ex allievo francese che gliene descrive le caratteristiche: si dedica perciò a perfezionarlo e scrive "...mi posi a pensare sopra tale problema, e la prima notte dopo il mio ritorno lo ritrovai, ed il giorno seguente fabbricai lo strumento... m'applicai poi subito a fabbricarne un altro più perfetto, il quale nei sei giorni dopo condussi a Venezia". Il 25 agosto 1609 dimostra le potenzialità del cannocchiale al doge ed agli aristocratici della Serenissima, le reazioni sono incredibilmente favorevoli; due giorni dopo gli viene raddoppiato lo stipendio. Si reca quindi a Firenze portando il cannocchiale alla corte dei Medici e alla fine di novembre disegna per la prima volta la superficie della Luna e si rende conto che "ha vaste depressioni e altissime montagne" proprio come la Terra e quindi non è, come sosteneva Aristotele, perfetta ed incorruttibile. La sua più grande scoperta avviene nel gennaio 1610, quando osserva Giove e scopre che è circondato di satelliti: "A dì 7 di Gennaio 1610 Giove si vedeva col Cannone ed 3 stelle fisse così... delle quali senza il cannone niuna si vedeva... ". Nei giorni successivi si rende conto che quelle stelle fisse si spostano e che in realtà sono quattro e non tre: è ormai certo che si muovono intorno al pianeta gigante. In fretta e furia decide di rendere pubblica questa scoperta e già il 15 gennaio inizia a scrivere il Sidereus Nuncius ("Avviso astronomico"); il 1° marzo ottiene l'imprimatur dall'Inquisizione e a fine mese il libro è finito ed il suo incipit recita:
"Grandi cose per verità in questo breve trattato propongo all'osservazione e alla contemplazione di quanti studiano la natura. Grandi, dico, e per l'eccellenza della materia stessa, e per la novità non mai udita nei secoli, e infine per lo strumento mediante il quale queste cose stesse si sono palesate al nostro senso".

[parte prima]

[parte seconda]

 

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