La vertigine della libertà

Una questione importante che riguarda la sorte di tutti

di Lorena Pini

Riccardo Corsi mayaIl velo di Maya, Riccardo Corsi

 

"L'uomo non si sente libero finché le sue passioni non lo schiavizzano"
Nicolás Gómez Dávila

Quello della libertà non è soltanto un tema nobile e filosoficamente avvincente, ammesso a frequentare i territori dell'essere, dell'apparire, della natura della realtà e del soggetto agente e conoscente, ma è anche una questione di non poco conto per le sorti di ciascuno di noi.
Siamo liberi o determinati da qualcosa che sfugge al nostro controllo? Siamo padroni nel muoverci all'interno della realtà che percepiamo o siamo ingannati da apparenze illusorie e mossi da fili invisibili? Insomma, siamo reali protagonisti o semplici burattini sulla grande eppur transitoria scena del mondo?
Si possono annoverare, nella storia della filosofia e sin dai primordi, sia autori che vogliono il soggetto libero e padrone del proprio destino, sia pensatori che negano la libertà dell'individuo richiamandosi alla necessità dell'essere, che sovrasterebbe il singolo.

Se prestiamo ascolto, per rimanere relativamente vicini al nostro tempo, alle voci dei cosiddetti "maestri del sospetto", cioè a Marx, Nietzsche e Freud, autori alla cui singolarissima "scuola" qualcuno aggiungerebbe anche Schopenhauer, certamente ispiratore di Nietzsche e di Freud, apprendiamo che per questi filosofi che tanto hanno segnato la contemporaneità, la realtà non è quale ci appare in prima istanza, ma nasconde più profondi livelli di significato, da decodificare per comprendere i meccanismi che governano l'uomo e il mondo.
Il compito dirompente che questi autori si assumono è quello di smascherare gli inganni di ciò che ci appare, di far cadere, per dirla appunto con Schopenhauer, il "velo di Maya" che si frappone fra noi e l'essere. Così Marx intende rovesciare la prospettiva hegeliana e in genere idealista che fa camminare il mondo sulla testa, ristabilendo correttamente il rapporto tra struttura e sovrastruttura, Nietzsche delinea la genealogia della morale ritenendola il frutto malato del tradimento dello spirito dionisiaco espresso originariamente dalla tragedia greca e Freud scandaglia la natura istintuale del nucleo primigenio dell'essere umano, l'Es, serbatoio di quell'energia psichica che prende il nome di libido.
Ecco allora che, di volta in volta, l'economia e i rapporti di produzione, o la volontà di potenza, o ancora le pulsioni rimosse governano, in vece nostra, quell'accadere di cui noi non siamo i protagonisti consapevoli che pretenderemmo di essere.
Al mondo che vorremmo ordinato e governabile, razionale e perciò rassicurante, si sostituisce perciò uno spietato gioco di forze il cui controllo risulta arduo e costa caro, portando alla rivoluzione, o al trionfo dell'Oltreuomo (o Superuomo, secondo la dizione più comune) che rovescia tutti i valori vigenti, o costringendoci a mettere nel conto il prezzo del disagio da pagare alla vita civile.

In particolare, per Nietzsche la vera libertà da perseguire sta nel liberarsi dell'illusione della libertà tradizionalmente coltivata al riparo della metafisica e dell'etica di matrice platonico-cristiana, sbarazzandosi di tutte quelle credenze che – a partire dalla credenza in Dio, di cui Nietzsche-Zarathustra decreta la morte - imprigionano la natura umana, limitandone l'espressione. È questa la prima condizione per la trasvalutazione di tutti i valori e per la nascita dell'Oltreuomo, creatore di verità senza patria né meta, capace di distogliere lo sguardo dalla trascendenza e di liberarsi del senso del dovere, per rimanere "fedele alla terra" e per far trionfare l'"io voglio".
Per Nietzsche dunque é libero chi vuole ciò che la vita vuole e – in una prospettiva anti-metafisica - dice sì all'eterno ritorno dell'uguale, cioè al pensiero terribile e grandioso dell'assenza di linearità e di senso della storia.
La libertà disegnata da Nietzsche pare così essere riservata alle anime disposte a navigare senza coordinate e senza nostalgia per gli approdi sicuri, si presenta come una libertà che chiede a degli spiriti eletti di spogliarsi di ogni legame con paradigmi morali e gnoseologici dati, si afferma come una libertà vertiginosa che discende direttamente dall'amor fati.
Rimane allora da chiedersi se questa libertà disancorata da ogni limite appartenga davvero al soggetto, se questa adesione dell'Oltreuomo alla volontà di potenza e all'eterno ritorno configuri davvero un individuo padrone del proprio destino.
Lasciandosi attraversare e assorbire da questa energia vitale, aderendo ad essa senza riserve, rinunciando ad ogni orientamento e calpestando ogni traccia metafisica, il soggetto pare infine dissolversi.
Molto significativamente del resto, ne "La gaia scienza", e proprio laddove decreta la morte di Dio, Nietzsche stesso arriva a chiedersi, esprimendo interrogativi che rivelano il loro carattere geniale e profetico se letti alla luce del nostro inquieto presente: "Chi ci dette la spugna per strusciare via l'intero orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov'è che si muove ora? Dov'è che ci muoviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? (...) Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla?".

 

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