Il mare

Un mare di musica

Mare e marinai tra le note 

di Franco Ferramini  |  PRIMA PARTE

Zurlini la prima notte di quiete

La prima notte di quiete, film di Valerio Zurlini, 1970

«Il mare d’inverno, è solo un film in bianco e nero visto alla tv, è verso l’interno, qualche nuvola dal cielo che si butta giù…».

Così inizia Il mare d’inverno, canzone uscita nel 1983, cantata da una fantastica Loredana Bertè, scritta da quel cantautore-poeta che si chiama Enrico Ruggeri. Chi ha vissuto per qualche stagione della propria vita il mare fuori stagione lo sa, nelle parole «alberghi chiusi, manifesti già sbiaditi di pubblicità, macchine tracciano solchi su strade, dove la pioggia d’estate non cade» è racchiuso un mondo interiore fatto di sensazioni crepuscolari, dove finalmente la follia estiva si placa nella riflessione autunno-invernale. Un ripiegamento intimo sul proprio desiderio di fuggire «Via dalla pazza folla».

 

 

Approfitto di questa citazione cinematografica, se si volesse associare Il mare d’inverno di Enrico Ruggeri a delle immagini, per ricordare quelle che possono rappresentare alla perfezione le parole del testo della canzone, nel capolavoro cinematografico del 1970 di Valerio Zurlini La prima notte di quiete, a mio parere uno dei più bei film della cinematografia nazionale. Quelle sequenze girate in una Rimini invernale, nebbiosa, l’attore protagonista Alain Delon che rappresenta un tormentato (e bello più che mai) professore col suo cappotto color cammello, sembra quasi che abbiano ispirato Ruggeri per il testo della sua canzone. Nella strofa «Passerà il freddo, e la spiaggia lentamente si colorerà, la radio e i giornali, e una musica banale si diffonderà. Nuove avventure, discoteche illuminate piene di bugie, ma verso sera uno strano concerto, e un ombrellone che rimane aperto, mi tuffo perplesso in momenti vissuti di già» si nasconde la tristezza, nei corsi e ricorsi delle stagioni, di tornare all’esplosione quasi invadente dell’estate dopo il ripiegamento riflessivo ed interiore della stagione fredda. Sia nella versione cantata da una giovane e splendida Loredana Bertè che in quella dell’autore Enrico Ruggeri, questa canzone è un tocco di poesia in musica semplice ma quasi magico, partorito nella mente dell’autore in chissà quale occasione, ma ampiamente verificabile nella sua realtà per chiunque volesse fare un giro per le località balneari nei periodi freddi e fuori stagione.

 

 

Nel panorama cantautorale italiano ce n’è uno che non si è mai dimenticato del proprio amore incondizionato per il mare: il bolognese, quindi di origine 'cittadina', Lucio Dalla. Nel 1971, dal suo terzo album in studio Storie di casa mia, nella canzone Itaca (Baldazzi-Bardotti-Dalla) Lucio descrive il rapporto tra un capitano di nave e un marinaio: nel testo quest’ultimo rappresenta il conflitto di classe tra un semplice lavoratore del mare e chi ha il potere di comandare il natante e il destino dei suoi uomini imbarcati. «… e se muori è un re che muore, la tua casa avrà un erede, quando io non torno a casa, entran dentro fame e sete…».

Degli stessi autori e nello stesso album, nel brano La casa in riva al mare, viene descritta la struggente storia di un detenuto in un carcere su un’isola che dal finestrino della sua cella riesce e vedere la quotidianità di una donna, che chiamerà Maria, fantasticando con lei una immaginata storia d’amore fino a sognare di sposarla una volta uscito dal carcere. Intanto lui invecchierà e morirà nel carcere, ripetendo il ritornello «Vengo da te Marì…». Un delicato lirismo di una tristezza, però, infinita.

 

 

Ancora dallo stesso album la celeberrima, oserei dire 'storica', 4 marzo 1943 (Pallottino-Dalla), una delle canzoni simbolo per Lucio Dalla, il suo primo grande successo commerciale, presentato al Festival di Sanremo 1971, con un ottimo terzo posto finale. Qui si narra di una ragazza madre che ebbe un figlio da un soldato alleato. Modificata sotto più aspetti dalla censura, la canzone sfiora ancora una volta l’argomento mare e marinai: «…e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino…», e ancora, l’inizio: «…dice che era un bell’uomo e veniva, veniva dal mare…», e poi «…così lei restò sola nella stanza, la stanza sul porto…», fino a: «…e stringendomi al petto che sapeva, sapeva di mare, giocava a far la donna, con un bimbo da fasciare…».

Facciamo un salto di qualche anno nella carriera di Dalla e arriviamo al 1977 con l’album Come è profondo il mare. Nel brano che fornisce il titolo all’album si raggiunge uno degli apici del cantautorato italiano. Nella canzone il mare rappresenta il pensiero libero dell’umanità, in contrasto con la storia degli uomini che quasi sempre tenta di reprimerlo e soggiogarlo; un quadro angosciante che descrive metaforicamente diverse realtà della storia, utile a far capire quanto precarie siano le nostre libertà, se non si vigila in continuazione per mantenerle in auge nei diversi regimi di vita della nostra Terra.

 

 

Nel 1979, tratta dall’album Lucio Dalla, uscirà la canzone Stella di mare, una delicata visione quasi onirica dedicata alla persona amata che dorme accanto a lui nel letto. Lucio è stanco, non riesce a dormire, e passa il tempo ad osservare la pelle bianca di chi gli sta accanto. Una canzone d’amore in cui la persona amata è descritta come una «Stella di mare, fra le lenzuola, la nostra barca non naviga, vola…». Fino a che arriverà la luce del giorno a 'portare via' la presenza, a metà tra il sogno e la realtà, della 'Stella di mare' al suo fianco. Lucio di questa canzone scrisse sia il testo che la musica, come d’altra parte in tutti gli altri brani dell’album a parte Cosa sarà (con De Gregori e Ron). Questo lavoro, quello con la foto di copertina col cappellino e gli occhiali, tanto per intenderci, per la critica rappresenta insieme al precedente Come è profondo il mare e al successivo Dalla un trittico della maturità del cantautore bolognese, sia per l’indiscussa qualità artistica che per il successo commerciale. Stella di mare ha anche una versione rispettosa cantata da Cesare Cremonini pubblicata pochi giorni fa; un omaggio da bolognese a bolognese.

 

 

A proposito della collaborazione Dalla-De Gregori come non citare Ma come fanno i marinai? tratto da Banana Republic del 1979?  Un meraviglioso tormentone. Non solo in Itaca di Lucio Dalla si fa riferimento nella musica all’eroe omerico: tanti anni dopo, nel 1997, il maggior gruppo del progressive italiano si riunirà dopo dieci anni di scioglimento e pubblicherà un capolavoro, rispettando la tradizione musicale di alta qualità di questo genere musicale. La mitica Premiata Forneria Marconi pubblicherà Ulisse, un 'concept album' che avrà come filo conduttore le gesta del marinaio greco, simbolo dell’uomo e del suo viaggio avventuroso nel mare dell’esistenza. Nel breve intro Ieri la voce dell’ospite' Ricky Tognazzi con un bellissimo sottofondo musicale recita: «Mi innamorai di un canto e poi di oceano mi ubriacai, liberai le braccia mie dal mio salario e andai, lasciai dietro me schermi e illusioni di voluttà, e un gigante accecai nei tribunali di verità. In un cavallo mi sognai e ogni muro cadde giù, ti lasciai per un’isola e quell’isola…». Nel finale dell’album Domani le stesse parole, cantate stavolta a turno dai componenti del gruppo, sveleranno che «…quell’isola eri…tu…». Per chi volesse, consiglio un ascolto attento di questo disco, facendo attenzione ai dettagli musicali e ai bei testi del paroliere Vincenzo Incenzo: chi ama la buona musica non se ne pentirà.

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[sarà pubblicata il 25 novembre 2022]

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