La paura

Essere nell'agire del cuore: cor habere!

Recidere il nodo gordiano della paura

di Egidio Missarelli

puara donna

“Non lasciamo che il rumore delle opinioni altrui offuschi la nostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, dobbiamo avere il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione. In qualche modo, essi sanno che cosa vogliamo realmente diventare. Tutto il resto è secondario”. Steve Jobs

Di che cosa si ha paura, cosa spaventa fino al punto che talvolta questo sentimento porta a situazioni anche gravi e patologiche?
L’importanza di non trascurare e anzi di coltivare e nutrire i sentimenti, quello che nel suo insieme può essere chiamato il “corpo sottile” delle emozioni, è di portata tale che per comprenderlo può essere utile paragonarlo a tutto ciò che viene naturale pensare per il benessere del nostro corpo fisico. Sappiamo che per mantenere la salute occorre lavorare su più fronti: aria pura, moderata ma continua attività fisica, dormire il numero giusto di ore, qualità degli alimenti, evitare intossicanti eccetera. Ammesso che si riesca a soddisfare tutti questi propositi, è sufficiente tutto ciò per una vita equilibrata e sensata?
Personalmente, riconduco tutte le paure che l’uomo prova nella vita - da quella del bambino per il buio a quella dello studente per l’esame a quella di chiunque per una malattia -, a un comune denominatore rappresentato dalla paura della morte. Se ci si pensa, la morte come incognita, come vanificazione di tutta una vita, come non-senso per antonomasia, come madre di tutti i paradossi e contraddizioni, come prospettiva sempre aperta scuote tutti e crea, per lo più inconsciamente, una continua tensione che dispone l’uomo in uno stato di perenne allerta. Non importa se pensiamo o meno alla morte, il fatto stesso che sia inscritta nel nostro DNA crea un substrato fertile dal quale germogliano le innumerevoli paure che sperimentiamo nella vita.

nodo gordiano
L'espressione «nodo gordiano» trae origine da una tradizione letteraria e leggendaria a cui è legato anche un aneddoto sulla vita di Alessandro Magno.

Recidere il nodo gordiano della paura non è cosa da poco: è il frutto maturo di una profonda autoeducazione al senso della vita e della morte.
Non era certamente uno sprovveduto chi ha detto che adattarsi a una società malata non è indice di sanità mentale: è proprio vero, la paura viene usata per mantenere uno stato di continua insicurezza e allerta così da costringere gli uomini a perdere la loro dignità, ad accettare condizioni non dignitose per paura di perdere quel poco che si ha. La paura fa accettare condizioni disumane create a tavolino da persone disumane con lo scopo di mantenere il loro potere e dominio. Dalla sfera più prosaica dell’economico a quella del religioso, l’uomo viene costantemente depauperato, annientato, soppresso nella sua vera umanità e dignità.

Pensiamoci seriamente: la paura di perdere il lavoro o di non riuscire a trovarlo; la paura delle malattie; la paura del diverso, del terrorismo, del divorzio, di rimanere soli, di venir derubati, picchiati, violentati, uccisi… In poche parole: paura del futuro! Chi conosce questo tratto della psicologia umana ha a disposizione una leva azionando la quale, senza fatica e passando per “umanitario”, ottiene prebende e legislazioni che in una situazione più sana e risolta sa benissimo di non poter avere. Nell’antico Impero romano c’era il panem et circenses che oggi si è trasformato politicamente nel solo circenses, altrimenti detto “distrazioni di massa”, e la paura, in tutto questo, ha un ruolo fondamentale.

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Un approccio sano alla vita mi sembra di poterlo individuare in una sorta di liberazione di tutte queste energie bloccate all’interno delle varie paure, e questo significa: riprendersi la vita nelle proprie mani senza delegare ad altri il nostro autentico volere. È fondamentale percorrere questa strada della liberazione perché essa comporta la possibilità di costruire un mondo non più sottoposto alle dinamiche devastanti della paura, e se ci pensiamo bene questo fattore dipende dall’ampliamento della conoscenza che l’uomo può avere di se stesso e dall’espressione di questa sua conoscenza approfondita nei termini di un’assertività e di un coraggio di cui prima di una tale metamorfosi non era possibile avere cognizione, nel migliore dei casi solo un debole sentore.
Già l’etimo della parola coraggio ci aiuta a capire la direzione: cor habere, avere cuore, agire partendo dall’intelligenza del cuore. Se il coraggio integrerà lo sviluppo della capacità di capire legata alla facoltà del pensare, sono convinto che genererà un futuro più sano e consapevole, foriero di “imprese eroiche” belle, vere e volte al bene.

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