I limiti dell'eros

Psiche ed Elsa e la conoscenza dell'identità dell'altro

a cura di Franco Clementi

eros monologo

Un mito greco racconta di Psiche, la fanciulla che ogni notte fino a poco prima dell'alba viene visitata al buio da un dolcissimo amante, Eros; egli le promette perenne fedeltà purché ella s'impegni a non cercare mai di scoprirne l'aspetto celato dall'oscurità.


Ma Psiche, stimolata da una crescente curiosità, in un momento di torpore dello sconosciuto amore, accende una lampada e per un istante può ammirarne la straordinaria bellezza: egli purtroppo si desta e Psiche lo perde per sempre.
Parallelamente, nel contesto totalmente diverso di una leggenda nordica medievale, Elsa di Brabante viene salvata dal disonore e dalla morte per l'intervento di un misterioso e bellissimo cavaliere, che le promette di divenire suo sposo, purché ella non gli chieda mai il nome, la stirpe e il luogo da cui proviene. Anche in tal caso la fanciulla non resiste alla curiosità, e proprio la prima notte di nozze pronuncerà la fatale domanda; l'eroe si palesa per Lohengrin, cavaliere del Graal, ma tosto è costretto per l'impegno preso con la Santa Reliquia, a partirsi per sempre da lei, tra la generale costernazione (Wagner ne musicherà la vicenda in un'opera definita "romantica").
I due racconti possono avere varie interpretazioni, ma certamente toccano entrambi la simbologia del "limite", oltre il quale invece di un ulteriore appagamento, c'è il rischio di precipitare nel nulla.
Per chi legge superficialmente i due racconti, Psiche ed Elsa possono sembrare due ragazzine un po' sciocche, che per una frivola curiosità non hanno saputo conservare un tesoro; in pratica i due racconti potrebbero esser presi da taluno a commento del noto proverbio "Chi troppo vuole nulla stringe" (popolarmente si dice che le mogli è meglio che non sappiano troppo dei loro mariti...).
Ma io non sono d'accordo, perché qui non si tratta del "troppo", ma dell'essenza. Sono infatti convinto che Psiche ed Elsa hanno seguito una via obbligata, doverosa magari anche inconscia, ma legata alla loro dignità per trasformare la semplice esperienza dei sensi in un sentimento molto più profondo. È stato un gettare il cuore oltre il limite, oltre l'ostacolo.
L'unione vera di due anime non può difatti avvenire senza la conoscenza dell'identità dell'altro. Ci si innamora sul serio quando l'oggetto del nostro sentimento è una persona non una sensazione o un sogno.
Con felice intuizione nella Bibbia per indicare un rapporto carnale si usa il verbo "conoscere" (ad esempio "...Adamo conobbe Eva..."), proprio ad indicare la profondità del vincolo che si chiede fra due amanti.
Le affettuose effusioni notturne di Psiche con Eros o quelle di Elsa col misterioso cavaliere, alla lunga sarebbero divenute scontate, prevedibili, ripetitive, si sarebbero cioè banalizzate rispetto alla volontà di donazione totale, "per sempre", assoluta, delle due fanciulle.
Come immaginare, ad esempio, una loro felicità perenne, il progettare con il loro amante un figlio da denunciare come "di padre ignoto"?
Pertanto la curiosità delle due giovani, lungi da essere espressione di leggerezza, rappresenta il loro passaggio ad un grado di superiore maturazione della loro femminilità. L'istinto della riproduzione e quello di sopravvivenza sono i massimi motori perché la vita possa sostenersi nell'attualità e prolungarsi nel tempo, ma solo nella creatura umana essi hanno raggiunto e aggiunto elaborazioni e complessità che sfuggono a una semplice orologeria ormonale o a meccaniche biologiche, e ciò per la capacità di sublimare gli istinti in forme insospettabili come l'estasi artistica, l'eroismo, il dono di sé, la santità, temi su cui hanno lavorato legioni di psicanalisti.
Ma per quanto riguarda l'eros il suo superamento in sfere che pur diverse gli sono in qualche modo parenti, è rappresentato soprattutto dal pudore e dall'antico valore che in molte civiltà, anche precristiane o a-cristiane si dà alla verginità. Proprio la riservatezza che si riserba per alcune parti del corpo connesse con la sessualità, si propone di non renderle pubbliche, ma di lasciarle a una fruizione esclusiva per chi si mostrerà degno dei nostri sentimenti. In più semplici parole, pudore e verginità sono in qualche modo un'espressione di fedeltà preventiva che la persona manifesta per chi condividerà con lei tutta la vita, anche se, al momento, è ancora del tutto sconosciuto.
La generalità o almeno l'alta diffusione del sentimento del pudore, testimonia in fondo la necessità di ogni individuo di possedere un angolo di mistero, di insondabile, di inesplorabile che lo rende diverso da tutti, unico e irripetibile.
La controprova di ciò sta nel fatto che tutti i torturatori, tutti i carpitori con la forza di confessioni, per demolire la resistenza del prigioniero cercano spesso di fiaccarne la dignità lasciandolo nudo, magari alla gogna: è successo anche a Nostro Signore.
Forse è proprio vero che fra il cielo e la terra ci sono molte più cose di quante ne immagini la nostra filosofia. 

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