Il 'mistero manifesto' chiamato donna

La prospettiva di un uomo

di Egidio Missarelli

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«Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l'ignoranza in cui l'avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto questo: in piedi, Signori, davanti a una Donna.» William Shakespeare

Sul tema della donna è stato scritto e detto quasi tutto, e quindi la difficoltà nel trovare idee nuove in merito è notevole, si rischia l'ovvio, lo scontato. Ripensarlo è comunque una sfida da tentare e ritentare all'infinito, senza mai stancarsi, perché ancora oggi si assiste a un vissuto generalizzato ancora gravido di pregiudizi o, nel migliore dei casi, di pensieri interrotti.
La nostra 'civiltà' risente ancora pesantemente di un retaggio patriarcale in cui la donna era vista alla stregua di un animale, retaggio che si può far risalire alla suddivisione in caste dell'antica epoca vedica. In virtù delle preziose ricerche dell'archeologa e linguista Marija Gimbutas sulla Dea madre, che dimostrano la venerazione neolitica dell'«eterno femminino» e una matrice matriarcale e ginocentrica dello sviluppo culturale preistorico, possiamo affermare che per strada qualcosa dell'antica sapienza 'istintiva', naturale, si è perso. Pensiamo, ad esempio, che nel mito dell'androgino l'essere umano aveva fattezze più femminili che maschili, anche se presentava entrambe le caratteristiche generative. L’androgino è simbolizzato nell'alchimia dal REBIS, che letteralmente significa «la cosa doppia». L'alchimia fu studiata a fondo dallo psichiatra Carl Gustav Jung e questa ricerca occupò gli ultimi trent'anni della sua vita: «Notai ben presto che la psicologia analitica concordava stranamente con l’Alchimia. Le esperienze degli alchimisti erano, in un certo senso, le mie esperienze, e il loro mondo era il mio mondo… avevo trovato l’equivalente storico della mia psicologia dell’inconscio. Ora essa aveva un fondamento storico».

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La polarità maschile/femminile ci permette di pensare, inoltre, LA differenza, LA diversità per antonomasia. Qualsiasi altra differenza non è mai estrema come questa, neppure quella etnica e linguistica. Pensiamo ai genitali: l'uomo li ha all'esterno mentre la donna all'interno. La Natura ci propone di riflettere su questa dicotomia, sempre presente in ogni essere umano e con declinazioni variabili e individualissime, è vero, ma anche nettamente distinte (Natura docet). L’accezione moralistica e maschilista peggiore/migliore in relazione alla sopra citata dicotomia interno/esterno, ha promosso, fin dall'età del bronzo, tutta la distorsione mentale di cui la storia è ricca di testimonianze fin troppo evidenti e note a tutti, radice di una società patriarcale e maschilista basata sulla forza, sul potere, sul predominio, sull’odio, sul contrasto e sulla guerra. Non ne siamo ancora usciti, beninteso, ma le nuove generazioni fanno ben sperare in questa direzione e il loro anelito ad avere maggiori informazioni a tal proposito, potrà promuovere una consapevolezza ricca di dettagli e più matura di quella oggi esistente.

Una visione antropologica che metta al centro una ricerca seria e non pregiudicata da modelli stereotipati, potrà aiutare a capire quanto lavoro ci sia ancora da fare nel tentativo di comprendere chi realmente sia l'essere umano, in veste maschile e femminile. Un vero e proprio «mistero manifesto»! Jung ha dato un contributo prezioso in questa direzione, ma i modelli scientifici sono ancora troppo ideologici per poterlo apprezzare e proseguire seriamente. Negare che si sa ancora poco, e quel poco elevarlo a dogma, come si fa spesso, è disonestà intellettuale.
Concludo riportando due pensieri, uno in positivo e uno in negativo, dello psichiatra Roberto Assagioli che ci permettono, forse, di inquadrare meglio la questione e che possono servire per l'elaborazione di ulteriori pensieri. A proposito delle qualità femminili, Assagioli scrive: «Grandissimo è il valore del sentimento, soprattutto di quello principale e centrale, l’amore, nelle sue manifestazioni e note superiori. Esso implica dedizione, abbandono, sacrificio per trascendere l’egoismo del piccolo io personale e separato. Il sentimento si esplica in tenerezza, bontà, pietà che hanno valore umano e sociale grandissimo».

donna mistero 2 1024Il secondo, invece, riguarda la mancanza di apertura al mondo maschile – trascuriamo il contrario, che è fin troppo evidente e a volte penoso, perché il nostro tema è la donna e perché ne ho già parlato in un articolo precedente – e a una non corretta percezione delle potenzialità maschili che portano spesso la donna a lamentarsi, a far sì che si senta frustrata e non compresa, atteggiamento che produce disarmonie e conflitti a non finire: «Essa tende a considerarlo un selvaggio che stringe senza pietà nella sua ruvida mano le delicate farfalle… un ragazzaccio che tende a picchiarsi con gli altri, che rischia la vita in imprese temerarie, che si trastulla con i giocattoli complicati delle sue macchine… che trascura e dimentica chi gli vuol bene per ricercare ruderi antichi, manoscritti rari o fabbricare teorie e sistemi difficili».

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