Una manciata di polvere

Evelyn Waugh il trasformista

di Luca Conca

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Evelyn Waugh (foto: Museum of Fine Arts Boston)

Parlare di trasformazione, parlando di un libro, può sembrare ozioso; in tutti i romanzi l’intreccio cambia.

Gli eventi trasformano i personaggi e le vicende prendono direzioni inaspettate. È un tipo di trasformazione necessaria all’autore e al lettore, che anzi spera che il libro cambi passo per sorprendersi, trovare un nuovo slancio nella lettura. Fatti salvi pochi casi nei quali lo stesso registro in un romanzo rappresenta una precisa scelta narrativa, l’evoluzione di una trama e di uno stile sono direi i requisiti del buon scrittore.

Quindi quasi tutti i libri 'ad un certo punto' cambiano. Ma nelle mie letture ho incontrato solo due autori che davvero trasformano i loro romanzi : Martin Amis e Evelyn Waugh, entrambi inglesi. Dire che li trasformino non è esatto, li fanno scivolare inesorabilmente verso la perfidia.
E se per Martin Amis, un autore che ad ogni nuovo romanzo cambia pelle e che non disdegna temi, linguaggi e generi sfaccettati, questo è usuale, è insospettabile in Evelyn Waugh, uno scrittore che comunemente è associato ad una prosa elegante, pungente e caustica, anche snob ma prevedibile, appunto. Eppure... eppure Waugh non è lo scrittore che sembra e i suoi romanzi non finiscono come ci si aspetterebbe, non sono ciò che sembrano.

Una manciata di polvere 640Evelyn Waugh è l’autore di «Una manciata di polvere», pubblicato nel 1934, da molti considerato il suo miglior romanzo. La trama è presto detta: Tony Last e sua moglie, Lady Brenda, vivono nella grande residenza di proprietà della famiglia Last da generazioni. Il loro matrimonio è un acquiescente accordo tra due ricchi e raffinati esponenti della nobiltà londinese, con soddisfazione di entrambi il loro rapporto è basato su convenienza ed etichetta. Hanno un unico figlio, John. Nella loro routine quotidiana, in cui si alternano preparativi per la caccia alla volpe, progetti di ampliamento delle sale e dei bagni padronali, inviti fatti e ricevuti per il weekend, compare il giovane John Beaver, squattrinato ma con entrature nei salotti londinesi e una certa sfacciata arroganza che nel bel mondo è scambiata per fascino. 

Beaver è un personaggio vacuo e inconcludente, avvilito dalla mancanza di soldi propri e reso scaltro dal bisogno di prenderli dove può. L’omonimia tra questo perdigiorno e il figlio della coppia è la prima avvisaglia, a cui il lettore non darà peso, della strategia crudele di Waugh. L’indolenza e la supponenza di Beaver, che fanno da contraltare alla remissività e alla prevedibilità di Last, fanno breccia nella vita noiosa di Lady Brenda e la spingono a frequentare sempre più, sotto gli occhi del marito, il giovane. Nasce una relazione che Tony, un po’ per disattenzione un po’ per dabbenaggine, non vede, (molto bella l’introduzione di Guido Almansi dell’edizione Bompiani del romanzo, in cui vengono messi a confronto nella narrativa di Waugh queste figure di sciocchi) troppo concentrato sulle sue proprietà terriere e la sua vita da gentleman di campagna. Quindi un menage dei più triti, con prevedibile liaison clandestina (della quale tra l’altro Beaver, volubile com’è, si stancherà presto).

Non è però questa la piega che prenderà il romanzo. Si diceva che Waugh è uno scrittore caustico e snob, la cui produzione si inserisce a buona ragione in tutta una letteratura, molto inglese, di dimore di campagna, club londinesi, ricevimenti eleganti, tè a profusione e largo uso di lady, sir e milord. È certo una letteratura “di genere”, potremmo dire, che trova nelle tradizioni e nell’immaginario inglesi il perfetto terreno per far germogliare personaggi, bisticci, intrecci. Con la fine dell’età vittoriana arriva Anthony Trollope, poi, Powys, Wodehouse, Coward (solo per citare i nomi più vicini a un certo piglio e a certe atmosfere) e chiaramente, Evelyn Waugh. Ma laddove in questi autori le consuetudini tutte 'british' sono il mezzo e il fine allo stesso tempo degli sviluppi delle trame e delle caratterizzazioni dei personaggi, in Waugh queste sono solo lo specchietto per le allodole, l’inganno narrativo.

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A Handful of Dust (foto: www.imdb.com)

In «Una manciata di polvere» il tradimento di Lady Brenda rappresenta la prima crepa non tanto negli snodi della storia ma nella percezione che il lettore ha di questa donna, già catalogata e derubricata ad annoiata ricca signora con giovane amante. Lentamente il lettore è obbligato a cambiare il suo giudizio, di pari passo con il cambiamento di Brenda, sempre più incredulo della meschinità alla quale saprà arrivare. La reazione che avrà alla notizia del grave incidente di John, in quegli istanti in cui la sua mente correrà non al figlio ma all’amante, è di rara perversità. Ma come è stato possibile per lei trasformarsi tanto? O è stato l’autore a celare e nasconderci quasi tutto di questa donna?

La convenzionalità di questa figura femminile sulla quale Waugh fonda uno dei due pilastri della trama (l’altro è il marito Tony) muta con una tale spietatezza che si ha l’impressione di leggere un altro libro. E quindi Tony. A lui spetta l’epilogo peggiore, la trasformazione insostenibile, con la quale questa volta non cambia l’impressione che ne ha il lettore ma tutto l’impianto del libro, il genere addirittura.
Tony per dimenticare il tradimento e la fine del matrimonio decide di seguire un improbabile esploratore nella ricerca di una ancor più improbabile città perduta nel cuore selvaggio dell’Amazzonia. Ancora una volta Waugh parte da un cliché, dal materiale da commedia, un vecchio rimedio per i cuori spezzati come il viaggio avventuroso in terre lontane per dimenticare l’amata ma si ride prima a denti stretti e poi si resta increduli e troppo scioccati per riderne ancora.

I libri di Waugh si trasformano sotto i nostri ingenui occhi di lettori e forse l’unico sorriso che rimane alla fine del libro è quello beffardo del suo autore.

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