Una grande famiglia spaziale

Missione possibile

di Luca Villa

missione iss 43 samantha cristoforetti 1280

Il giorno 21 luglio di esattamente cinquant'anni fa un uomo mise piede sulla Luna. Si chiamava Neil Armstrong, era statunitense e faceva parte della missione Apollo XI.

Fu un evento di portata mondiale tanto che 600 milioni di persone videro in televisione quelle immagini in bianco e nero di bassa qualità che arrivavano dal nostro satellite. Era una grande tappa nella corsa allo spazio, sfida tecnologica iniziata da alcune nazioni diversi anni prima.

Mettiamo l’orologio del tempo indietro, esattamente alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1945, quando il Terzo Reich era ormai sconfitto, alcuni scienziati tedeschi si arresero agli americani. Tra questi Wernher Von Braun, ideatore delle bombe V2. La sua scoperta di un nuovo, più potente, tipo di propulsore per l’invio a grande distanza di missili, fu la base dei lanci di razzi nello spazio.
Sempre nell'anno di fine conflitto un'altra nazione, l'Unione Sovietica, riuscì a mettere le mani su bombe, progetti e collaboratori di Von Braun, nella fabbrica di produzione delle V2. USA e URSS iniziarono così una gara a chi avrebbe per primo mandato un uomo oltre l’atmosfera terrestre.

Nel 1957 i russi lanciarono un satellite nello spazio, lo Sputnik, un piccolo oggetto di mezzo metro di diametro e del peso di 83 chilogrammi, il quale fece 1400 orbite intorno al nostro pianeta nei 90 giorni di attività spaziale. Quindi nel 1961 fu Yuri Gagarin il primo uomo (russo) ad andare nello spazio. L'URSS aveva vinto questo primo round.
Nel 1963, sempre i sovietici, inviarono anche la prima donna nello spazio, si chiamava Valentina Vladimirovna Tereškova.

patch missione apollo 11 1000

Ecco, possiamo iniziare a trattare uno dei due punti importanti dell'articolo, il collezionismo. Fonti ufficiali dicono che Valentina Vladimirovna Tereškova, nella missione Vostok 6, quella che la fece diventare la prima donna spaziale, avesse applicata al proprio abbigliamento, sotto la tuta, una toppa con l'identificativo della missione. Lei fu la prima persona che indossò un 'marchio' della missione che stava effettuando.

Quasi tutte le missioni spaziali personalizzarono un loro stemma, il quale poi diventò toppa da applicare sugli indumenti di chi partecipava alla missione, cosmonauti, tecnici e ingegneri del progetto. Da dove arriva questa idea di mettere un logo sulla propria divisa? Non c'è una risposta ufficiale, dobbiamo però considerare che tutti i primi cosmonauti erano di estrazione militare, quindi abituati a portare divise con mostrine o altro, che identificassero il reparto, la mansione, il grado. Per poter ammirare bene in vista la patch (toppa) si deve arrivare al 1965, negli Stati Uniti, dove il pilota Gordon Cooper nel programma Gemini, creò un proprio logo della missione e, autorizzato dalla NASA, lo applicò alle divise. Avere le patch originali delle missioni degli anni '60 è quasi impossibile perché ha costi troppo elevati. È possibile però avere le loro riproduzioni eseguite dalle ditte ufficiali delle Agenzie Spaziali.

patch missione apollo 13 1000Ritorniamo alla storia. La missione USA di Apollo 1 nel 1967 venne interrotta per la morte dei tre astronauti, bruciati nella navicella durante le prove nella base di lancio. La NASA rivide tutto il programma e tra le 1300 anomalie che identificò e modificò, ci fu anche l'eliminazione di tutti i componenti non ignifughi nelle divise, quali le toppe. Da quel momento gli stemmi vennero stampati direttamente sulle tute spaziali. Solo sul vestiario non lavorativo era ancora possibile far mettere una toppa ricamata.

È semplice collezionare toppe spaziali? Non proprio, perché sono veramente tante. Mentre i russi passavano dai programmi Vostok ai Voschod e ai Sojuz, gli americani contrapponevano le missioni Mercury, Gemini e infine Apollo. Arriviamo quindi al 1969 con il primo uomo sulla Luna (Apollo 11). Ma la corsa allo spazio non finisce qui.

missione apollo 15 1200Ecco un'altra data: 17 luglio 1975. Quel giorno una navicella spaziale americana Apollo (il programma Apollo era già terminato) e una navetta spaziale Sojuz (Unione Sovietica) si agganciarono nello spazio. I due equipaggi poterono così trasferirsi da una navicella all'altra. Qui inizia quella che io considero la grande famiglia spaziale. Due nazioni, Stati Uniti e URSS, sulla Terra contrapposte in un clima che veniva chiamato da 'guerra fredda', nello spazio si ritrovavano per collaborare. È vero, quel momento non si ripeterà per oltre 20 anni. Però, e qui ci spostiamo oramai nel duemila, basta vedere le composizioni di una qualsiasi delle ormai 60 missioni sulla «Stazione Spaziale Internazionale» per capire come la collaborazione, nello spazio, vede coinvolte più nazioni di tutto il mondo, come una grande famiglia. Tutto questo anche se sulla Terra gli stessi stati non dimostrano la stessa unità.

Patch, toppe, come collezionarle? Questa è un'altra di quelle bellissime raccolte dove non esiste il già fatto, non c'è qualcuno che ti ha già preparato tutto, magari un volume grande formato, bordi d'oro e busta con freccia luminosa che ti indica dove inserire il tuo oggetto per non sbagliare. Per questo tipo di collezione bisogna inventare e qualsiasi idea è la benvenuta.

prima missione stazione spaziale internazionale 1280

prima missione «Stazione spaziale internazionale»

La «Stazione Spaziale Internazionale», progetto voluto dalla statunitense NASA, dalla russa RKA, dall'europea ESA (con tutte le agenzie spaziali collegate), dalla giapponese JAXA e dalla canadese CSA-ASC, ha visto operare, in diverse missioni, anche astronauti italiani: Paolo Nespoli, Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti. Nelle foto che troverete su internet, di gruppo o singole, potrete scorgere sulla tuta o sulla divisa anche la toppa della missione a cui hanno partecipato.

È un po' cambiato il concetto di missione dalle prime degli anni '60 e '70 dove ogni partenza dalla Terra verso un obiettivo, che fosse solo un giro del nostro pianeta o la raccolta di qualche sasso sulla Luna, aveva questa definizione. Ora questi nuovi astronauti vivono per parecchi mesi nella Stazione Spaziale e in questo periodo partecipano normalmente ad almeno due missioni che prevedono lo scambio di alcuni abitanti di questa casa spaziale e anche progetti diversi a cui lavorare. Dobbiamo sottolineare come una buona parte di queste persone sono tecnici di specifici settori non aviatori e/o astronauti professionisti.  Prima era esattamente l'opposto. Nelle dodici missioni Apollo con equipaggio solo uno non era un astronauta ma un geologo (Harrison Schmitt in Apollo 17).

patch missione shenzhou 9 1000Entriamo nel particolare delle toppe: quelle sovietiche non presentano mai i nomi degli astronauti, come quelle cinesi. Del progetto spaziale cinese non ne abbiamo parlato ma anche loro sono nello spazio, al momento con il secondo laboratorio spaziale, e anche loro amano creare uno stemma per ogni missione. Le missioni statunitensi vedono il nominativo dell'equipaggio sulla patch. Tra le missioni Apollo con equipaggio solo Apollo XIII non presenta sullo stemma i nomi degli astronauti che avevano partecipato alla missione. Hanno motivato la loro scelta dicendo che la sua riuscita era merito di tutti e non solo loro (dietro ad ogni progetto spaziale lavoravano migliaia di persone). Gli astronauti di Apollo XIII rischiarono di non ritornare sulla Terra. Il loro viaggio non li portò sulla Luna, un guasto con relativo incendio li costrinse ad utilizzare il modulo lunare per rientrare a casa. Per fortuna tutto andò per il meglio e al momento sono i terrestri che più si sono allontanati dal nostro pianeta (record stabilito durante l'orbita fatta intorno alla Luna prima del rientro).

La prossima tappa umana nella corsa allo spazio ha un punto di arrivo chiamato Marte. Chissà se il primo uomo che metterà piede sul pianeta rosso si identificherà come statunitense, russo, cinese oppure sarà lì perché rappresentante di una grande famiglia spaziale che ha voluto arrivare a questo risultato. Se ci sarà questo evento spero per allora di aver completato il resto della collezione e di aver pronto un foglio con lo spazio vuoto per poter mettere la toppa di quella missione.   

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