Animali e arte nella storia

Interpretazioni primitive, misteriose, simboliche e oggi dissacranti

di Luca Calabrò

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[foto 1]

Il rapporto uomo-animale, che come è ovvio si perde nel tempo, è rapporto dell’uomo con il suo habitat e quindi con l’altro da sé.

L’ Arte, come istituzione legata all’immaginario, ne porta da sempre traccia, sia che l’animale (nell’epoca preistorica) fosse un elemento pratico legato alla sopravvivenza, sia che fosse, come vari archeologi pensano, legato al sovrannaturale, sia che le due cose si confondessero. Penso che l'immagine dell'animale, anche oggi in certi contesti, suggerisca spontaneamente il senso di un’alterità misteriosa, ciò porta a strati profondi della coscienza da cui quasi spontaneamente emerge il senso del Sacro.

Nel Paleolitico le rappresentazioni di animali pullulano. Una delle primissime immagini, che ci vengono da un passato remotissimo, è il cosiddetto uomo-leone di Ulm (foto 1) risalente a 40000 anni orsono, di non facile interpretazione, mostra un salto mentale straordinario non una presa diretta della realtà, ma due elementi diversi (corpo umano e testa animale) in una sintesi, ossia una realtà altra che è già sovrasensibile, è già idea. In questo senso, credo che la forma nuova che ne scaturisce si ponga in rapporto dialettico con la realtà osservabile, svelandone gli aspetti che sfuggono alla mera oggettività dello sguardo. La realtà non è più dato inerte ma selva di relazioni, esperienza cosciente quindi conoscenza.

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[foto 2]

Le grotte di Lascaux (foto 2) abbondano di rappresentazioni, anche molto realistiche, di animali, soprattutto cavalli e bovini. Anche qui il senso e lo scopo delle rappresentazioni sono dibattuti, ma la sensazione di una sacralità avvolgente si trasmette anche a noi moderni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella grotta di Les trois frères (foto 3) riappare una sintesi tra uomo e animale in cui si è visto un significato sciamanico. Lo sciamanismo come fenomeno diffusissimo nel mondo tradizionale è un'esperienza estatica, non solo rito o simbolismo ma stato della coscienza extra-ordinario, la controparte sensibile del rito. Ciò ci mostra che tutto questo non era mera costruzione intellettuale ma esperienza diretta. Il valore pratico e simbolico del religioso mostra, in tutte queste immagini il suo scopo di organizzazione mentale del mondo.

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[foto 3]

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[foto 4]

Nelle prime civiltà (Mesopotamia ed Egitto) il significato dell’arte che rappresenta animali, non meramente decorativo, ma religioso, si palesa nel “teriomorfismo” (unione uomo-animale) delle divinità egiziane (foto 4). Ma è nell’interessante interpretazione di un archeologo come Jaques Couvin di un passaggio storico fondamentale come la nascita dell’agricoltura, nel vicino Oriente intorno al 9000-8500 a.C. che la il senso dell'arte legata agli animali mostra la forza dell’immaginario di plasmare il reale e la stessa organizzazione pratica dell’uomo su scala vastissima.Per Couvin l'analisi archeologica dei luoghi della rivoluzione agricola ribalta il dogma materialistico della realtà che plasma l'immaginario.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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[foto 5]

In questo passaggio storico la rivoluzione dei simboli e delle immagini, per esempio la donna-dea che si accompagna al toro (foto 5), innesca la rivoluzione agricola. Lo stesso binomio si ritrova nel racconto sumerico di Ishtar che invia contro Gilgamesh il toro celeste.

 

 

 

 

 

 

 

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[foto 5]

Attraverso il binomio donna-animale si può leggere anche l’arte minoica (foto 6 e 7). Qui compaiono il toro e la donna (vedi Arianna e il Minotauro) ed altri animali, tutto in un clima di eccitazione vitalistica e al contempo di mistero ctonio (legato all'oltretomba, si veda l'immagine del labirinto). Gli animali ci appaiono ancora mediatori tra due mondi.

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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[foto 7]

Anche nell’arte greca, etrusca o protoitalica, si ritrova la presenza animale, per esempio nell’apparire degli uccelli come messaggeri dell’oltretomba.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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[foto 8]

Nel medioevo con i bestiari reali e fantastici o con l'arte plastica delle grandi cattedrali gli animali riappaiono nell'arte come presenza misteriosa e totemica ma anche come immagini di vizi e virtù (foto 8 e 9). In quest'epoca il ferino retrocede, nella visione cristiana, a immagine del demoniaco (streghe e diavolo). Si verifica qui un cambiamento di paradigma nel rapporto col Naturale. Col Cristianesimo l'uomo è l'unico destinatario della redenzione. Gli animali nel mondo preistorico e antico offrivano l'immagine della varietà del mondo, diciamo per semplificare dall'apollineo luminoso al misterioso e ambiguo dionisiaco. Qui divengono spesso un'alterità minacciosa o un mezzo utilitaristico.

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[foto 9]

Nel Rinascimento la sfera animale, pur mantenendo il suo significato simbolico, arretra in favore della che assume il corpo umano.

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[foto 10]

Nel ‘600 ad esempio in un’immagine celeberrima come quella della vocazione di San Paolo del Caravaggio, il suo enorme cavallo, quasi protagonista della scena, non è più un elemento simbolico, ma si rivela nella pura forza estetica (foto 10). Caravaggio con la sua arte fotografica inaugura un sentire l'immagine molto vicina alla nostra sensibilità contemporanea. L'immagine realistica del cavallo ci sta innanzi come dato visivo assoluto, non allude ad altro è ciò che è qui ed ora. Questa forza dell'immagine secondo un "hic et nunc" porta direttamente al ‘900.

 

 

 

 

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[foto 11]

Il XX secolo infatti manifesta molto frequentemente la presenza dell’animale nell’arte, per esempio per esempio nel primitivismo di Picasso,in cui un certo senso religioso riemerge nelle Tauromachie (foto 11 e 12) anche attraverso la stilizzazione della forma o nell'interpretazione quasi psicoanalitica del surrealismo di Max Ernst.

 

 

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[foto 12]

Nella contemporaneità, esempi paradigmatici di una modalità di intendere l’arte anche attraverso gli animali sono le opere di artisti come Hirst o Cattelan (foto 13 e 14). Bisogna dire che rispetto alla varietà di movimenti che hanno percorso il Novecento, almeno fino agli anni ‘70, oggi, la ricerca e la sperimentazione (parola cardine della avanguardie artistiche) sembrano cedere il passo a un semplice rimescolamento del "già dato"a livello estetico.

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[foto 13]

Non è neanche un vero eclettismo, ma un'associazione di immagini epidermica, un effetto caleidoscopio tipico di una fase tarda del pop, in cui l'esperienza artistica organica cede il passo ad una reattività quasi pavloviana. Qui sembra di trovarci nella fase opposta rispetto all’arte delle società tradizionali. Lo stupore dell’immagine, in questo caso, è stupore desacralizzato e spesso fine a se stesso, quasi pubblicitario, di un eclettismo automatico, senza rimandi ad una realtà altra. Scevro oramai dall'esigenza di un fantastico libero, polivalente e infinitamente ramificato. Un vero e proprio depauperamento dell'immaginario.

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[foto 14]

 

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