L’inferno

editoriale | Bruciate voi che entrate!

di Gloria Ciapponi

trionfo della morte bruegel dettaglio

«Il trionfo della morte» di Pieter Bruegel (dettaglio)

«Non concepire più nessun Dio e non concepirai più nemmeno l’inferno». 
Friedrich Dürrenmatt

«L'inferno esiste solo per chi ne ha paura».
Fabrizio De André

«Ognuno di noi ha i suoi inferni, si sa. Ma io ero in testa, di tre lunghezze sugli inseguitori».
Charles Bukowski

«L'inferno è vuoto e tutti i diavoli sono qui».
William Shakespeare

«La mente è un suo proprio luogo e in se stessa può fare un paradiso dall'inferno o un inferno dal paradiso».
John Milton

«L’invenzione dell’inferno è la cosa più orrenda, ed è difficile concepire come, dopo questa invenzione, ci si possa ancora aspettare qualcosa di buono dagli uomini».
Elias Canetti

"Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.

Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina podestate,
la somma sapienza e ‘l primo amore.

Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate»
Dante Alighieri

Triumph of Death by Pieter Bruegel the Elder 1514

«Il trionfo della morte» di Pieter Bruegel

Per noi italiani sicuramente l’Inferno dantesco è diventato il paradigma che rappresenta il luogo della miseria morale dove non esiste perdono divino o salvezza, il primo dei Tre Regni dell’Oltretomba visitati dal sommo poeta durante il suo viaggio ultraterreno. Il luogo oscuro delle anime dannate temuto, rappresentato e più celebrato del Paradiso stesso.

Ma esistono varie concezioni storiche e filosofiche che hanno dato una definizione a questo mondo così temuto.

Il termine 'inferno' deriva dal latino infernum, quindi da inferus che richiama esplicitamente il concetto di 'sotterraneo'. L’idea dell’inferno si è sviluppata nella maggior parte delle culture precristiane, cristiane e non cristiane e le religioni monoteiste traggono origine proprio dagli antichi culti. Ad esempio il serpente babilonese Tiamat, che significa 'abisso', un mostruoso serpente che abita la notte, molto simile alla figura del serpente/dragone, è stato identificato poi con Satana, che ritroviamo nell’Apocalisse di Giovanni, erede della mitologia mesopotamica. 

Nello Zoroastrismo, invece, l’anima del defunto deve transitare sul ponte collocato tra il picco del Giudizio e il sacro monte Alborz che si estende sulle profondità degli inferi, allargandosi al passaggio dei buoni, ma riducendosi di una lama di rasoio per i malvagi, destinati a cadere nel mondo degli inferi.

Nella cultura egiziana il cuore del defunto è pesato nella cosiddetta 'Sala della Verità', mentre il morto pronuncia una sorta di confessione agli dei, simile al contenuto dei dieci comandamenti di Mosè. Il cuore viene posato sul piatto di una bilancia e, nel caso sia più pesante della piuma collocata sull’altro piatto, è consegnato al vorace Ammit, una creatura divoratrice del mondo degli inferi. Qui troviamo Seth, il dio della distruzione che nel corso dei secoli diventa una divinità minore, crudele e malvagia, fino a trasformarsi nella figura cristiana di Satana.

Seguace di hieronymus bosch

«Cristo al limbo», seguace di Hieronymus Bosch, ca. 1575 

Nella mitologia greco-romana l’Ade era considerato il regno delle ombre, senza distinzione tra anime buone e malvagie. Solo attraverso l’influenza dei culti orientali, si diffuse la distinzione tra 'Tartaro', il buio luogo dove sono punite in eterno le anime dei malvagi, e 'Campi Elisi', dove vivono le anime virtuose e felici.

In ambito ebraico Satana non è una divinità contrapposta a Dio, ma una creatura che serve Dio stesso per poi diventare il suo antagonista assumendo anche il nome di Belzebù, dio fenicio. L’inferno, in origine denominato Sheol, verrà poi chiamato Hinnom (Gehenna), che era il nome della valle dove veniva adorato il dio Moloch.

Ma è in ambito cristiano che l’inferno diventa quel luogo dove i malvagi bruciano, subendo i tormenti del diavolo e della sua schiera di demoni, un luogo dominato dal fuoco eterno. Di carattere, più o meno simile, sarà l’immagine dell’inferno che sarà elaborata dal mondo islamico. 

La teologia moderna oggi spiega che l’inferno non è un vero e proprio mondo di torture, ma un luogo di definitivo allontanamento dalla felicità che soltanto Dio può dare.

Il pensiero umano si è sempre orientato a ritenere l’inferno come qualcosa legato agli abissi, a ciò che è inferiore, ma in tempi più maturi lo si è sempre più considerato come una dimensione metafisica e spirituale. E allora può diventare persino reale, presente, terreno, come ci ricorda Italo Calvino ne «Le città invisibili»:

«L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».

paolo e francesca

Paolo e Francesca, di Mosè Bianchi (1877) - Divina Commedia, Canto V

Ci guardiamo intorno e capiamo che la vita rimane fondamentalmente tragica: viviamo in un mondo in cui l’interesse egoistico, la lotta per il guadagno, l’invidia, l’avidità, la miopia e la paura sono forze che ci impediscono di empatizzare con la condizione degli altri. Come ha scritto Calvino, forse possiamo solo tentare di identificare gli spazi di equilibrio dove le forze infernali ci causano meno sofferenza e far sì che rafforziamo e difendiamo quei momenti e quelle persone che ci possono dare una tregua temporanea.

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