Storie di cinema dal tramonto all'alba

La notte come luogo

di Ivan Mambretti - PRIMA PARTE

le notti bianche

«Le notti bianche», di Luchino Visconti (foto: exlibris20 )

«Trovo che la notte sia spesso più viva e colorata del giorno.»
Vincent van Gogh

«A da passà ’a nuttata!». È una delle più celebri battute del repertorio teatrale di Eduardo. In «Napoli milionaria» Rituccia, la cocca di famiglia, è malata e il medico le somministra il farmaco che può salvarle la vita. In casa c’è fiducia, ma bisogna aspettare che passi la notte per ritenere superata la crisi. La pièce fa assurgere la notte a simbolo di quelle fasi ansiogene dell’umana esistenza che precedono il ritorno alla normalità. Dal nero delle tenebre alle luci dell’alba. Dall’incertezza e dall’ignoranza al sollievo e alla speranza. L’uomo che brancola nel buio alla perenne ricerca di risposte che possono aprirgli orizzonti luminosi. La notte come luogo della concentrazione e della riflessione. La notte che alterna buoni sentimenti a cattivi pensieri in attesa del giorno che annulla la paura. La notte come occasione di rivelazioni, fedele custode di crucci nascosti fra i tortuosi meandri del cuore.

Shakespeare popola di fantastici personaggi il suo «Sogno di una notte di mezza estate». Nel «Canto notturno» di Leopardi e nella «Veglia» di Ungaretti la luna riceve le confidenze, le confessioni, i dubbi dell’uomo che tenta di fugare le sue fragilità. Il vento turba le notti del poeta Rainer Maria Rilke. Per Novalis l’ottusità dell’oscurantismo si contrappone alla razionalità dell’illuminismo. Per il Foscolo la sera è «l’imago» della «fatal quiete». Di Mozart tutti conoscono la rincorsa dei violini nella «Piccola serenata notturna» o i gorgheggi della Regina della Notte nel «Flauto magico». Chopin ci immalinconisce coi Notturni per pianoforte. Mussorgskji descrive un sabba nella «Notte sul Monte Calvo». Nella pittura la predilezione per le scene notturne è evidente almeno in Van Gogh, Chagall, Caravaggio...

Nel raccontare la notte, cinema e letteratura vanno spesso d’accordo. Da Dostoevskij, Luchino Visconti ricava Le notti bianche, tormentata love story trasferita da Pietroburgo alle stradine di Livorno. Il regista hollywoodiano Henry King si ispira a Tenera è la notte di Scott Fitzgerald per descrivere le asperità della vita e il disorientamento degli uomini. John Huston porta sullo schermo La notte dell’iguana, dramma di Tennessee Williams sulla voglia di redimersi di un alcolizzato nelle notti messicane. Sono solo pochi esempi a caso.

 

Cupo regno di emozioni forti

Siamo al cinema e al cinema restiamo. Del resto il cinema, inteso come sala cinematografica, non è forse il luogo che meglio di tutti privilegia il buio? Subito una domanda: che cosa si intende per 'effetto notte'? Pronta la risposta: si tratta di una particolare tecnica ideata per girare di giorno scene notturne. Consiste nell’uso di speciali filtri posti sull'obiettivo della cinepresa. Onora tale tecnica il regista francese François Truffaut, che nel film La nuit americaine (tradotto in italiano proprio col titolo Effetto notte) racconta i pro e i contro del suo mestiere. Fingendo infatti di dirigere il film «Vi presento Pamela», se la deve vedere con ogni tipo di difficoltà, non ultime le paranoie degli attori. Film nel film dunque, in cui Truffaut vuole rendere attraverso gli animati rapporti nel backstage un affettuoso omaggio al meraviglioso mondo della celluloide.

Menzione speciale per Barry Lyndon di Stanley Kubrick (ma quale film di Kubrick non merita una menzione speciale!), entrato nella storia del cinema per l’impiego di luci soffuse nelle scene notturne, illuminate solamente da candele. Il suo perfezionismo era così maniacali che non ha esitato a richiedere alla Nasa potenti apparecchi, di quelli usati per fotografare lo spazio. Il film, freddo spaccato di vita britannica settecentesca, con questo sfruttamento di ombre e penombre sia all’interno che per gli esterni, ha aperto nuove prospettive sull’impiego del colore, delle mezze luci e del buio, rendendoli assai vicini alla realtà naturale e all’animo umano e portando al top la inimitabile magia kubrickiana delle immagini.

Densi di atmosfere notturne sono i film in bianco e nero del periodo impressionista. Memorabili le sagome deformi proiettate sui muri delle case nel capolavoro del muto M. Il mostro di Düsseldorf, di Fritz Lang, in cui un pedofilo con tendenze omicide semina il panico in città. Tale è il ribrezzo verso quest’essere abietto, che malavitosi e mendicanti trovano un’intesa con le forze dell’ordine per catturarlo, e solo l’intervento della polizia ne impedirà il linciaggio. Curioso che l’assassino sia stato riconosciuto da un povero cieco che lo sentiva fischiettare sempre lo stesso motivetto. John Ford fa tesoro delle tecniche del chiaroscuro del collega tedesco per girare Il traditore, ambientato nella nebulosa Dublino degli anni Venti, dove un tale denuncia amici malfattori per riscuotere la taglia. La notte sarà per lui il momento del rimorso e alla fine cadrà vittima della vendetta degli stessi compagni che ha tradito.

Per alleggerire, citiamo Accadde una notte, commedia di Frank Capra, dove una capricciosa ereditiera scappa di casa per incomprensioni in famiglia. Un giornalista l'aggancia per fare lo scoop ed è subito amore. Nell’immaginario collettivo è rimasta la sequenza delle cosiddette «mura di Gerico», cioè il telo che i protagonisti appendono per pudore fra i rispettivi giacigli (eloquente satira della vecchia Hollywood puritana).

La notte costituirà comunque un elemento basilare per tutta quella cinematografia che ha come tema dominante la paura. L’horror in primis coi suoi vampiri, licantropi, zombie e mostri vari, poi i film da incubo (Nightmare), il poliziesco (La calda notte dell’ispettore Tibbs), il fantasy noir (Batman), il Grand Guignol metropolitano di Dario Argento ecc. Altro nutrito filone riguarda la cecità, che racconta di persone prive della vista  rimaste sole in casa, solitamente donne minacciate dall’assassino. A parte Merletto di mezzanotte con Doris Day unica vedente, citiamo tre cieche per motivi di lavoro: Audrey Hepburn in Gli occhi della notte, Mia Farrow in Terrore cieco e Uma Thurman in Gli occhi del delitto. Film che dimostrano come il buio della notte sia niente a confronto del buio negli occhi.

Persino il western annovera film ai quali si addice l’oscurità. Uno di questi è lo psicanalitico Notte senza fine di Raoul Walsh, dove un giovane orfano adottato da una famiglia perbene soffre per un incubo che ricorre sin dall’infanzia: la disgrazia che gli capitò la notte in cui i suoi genitori furono uccisi mentre lui aveva trovato riparo in una botola. Da allora ha sempre continuato a rivedere in sogno uno strano, concitato andirivieni di stivali fra luci e ombre. Western dai risvolti noir è in qualche modo anche La notte brava del soldato Jonathan di Don Siegel. Meno freudiano di Walsh, Siegel narra di un ufficiale nordista ferito che viene accolto in un istituto femminile. L'intento della direttrice è di consegnarlo ai sudisti non appena sarà guarito. Ma la degenza del soldato si protrae così a lungo che finisce per diventare oggetto del desiderio delle collegiali, gelose l’una dell’altra. Il finale è scioccante: per eliminare le tentazioni del demonio, le donne si accordano per intossicarlo preparandogli una cena a base di funghi avvelenati. La notte dunque come ‘luogo’ della vendetta originata dal pregiudizio (il film ha avuto un recente infelice remake: L’inganno di Sofia Coppola).

Maestro incontrastato di brividi notturni è Alfred Hitchcock, a partire da Suspicion, thriller psicologico dove un ambiguo Cary Grant sale le scale con un bicchiere di latte forse avvelenato e reso candido da una lampadina posta all’interno. O da Io ti salverò, giallo onirico dove in una scena di pochi minuti Gregory Peck racconta un sogno 'artistico': per rappresentarlo Hitchcock ha infatti chiesto aiuto nientemeno che a Salvador Dalì. Sempre di Hitchcock, come non ricordare La finestra sul cortile? James Stewart è un reporter con una gamba ingessata e dunque costretto in casa, dove l’ozio forzato gli suggerisce un passatempo indiscreto: spiare col teleobiettivo negli appartamenti che si affacciano sul circondario. Scopre un delitto. L’assassino si accorge e raggiunge il testimone col fermo proposito di eliminarlo. Da antologia la sequenza in cui il fotografo, spenta ogni luce, tiene a bada il malintenzionato bombardandolo con ripetuti bagliori del flash. Nella colluttazione che ne segue, l’infermo cade dalla finestra e si rompe anche l’altra gamba!

Fuori orario di Martin Scorsese è l’odissea notturna di un nerd ante litteram, trascinato da una serie di coincidenze nello sconcertante scenario di una misteriosa e frenetica New York. È il viaggio iniziatico di un giovane dentro il malessere, un incubo kafkiano con incursioni nel divertissement.

Con Blade Runner restiamo a Los Angeles per confrontarci invece con scenari apocalittici. Dopo Metropolis (1926) di Fritz Lang, pochi film come questo gioiello di Ridley Scott hanno saputo prefigurare un cupo futuro destinato ad abbattersi sul mondo, qui raffigurato da una megalopoli multietnica, decadente, piovosa, ridotta a mefitica giungla d’asfalto in mano ai replicanti, spietati robot dalle sembianze umane. Povera 'città degli angeli', che siamo soliti immaginare solare, briosa, hollywoodianamente pacchiana!

Nel recente Quella notte a Miami... di Regina King, quattro uomini sono in cerca di identità: un quartetto d’attori, non di primo piano ma adeguati ai ruoli, devono impersonare figure leggendarie realmente vissute come Malcolm X, Sam Cooke, Cassius Clay e Jim Brown e mettere a fuoco i rispettivi punti di vista di fronte alla piaga del razzismo. Il fatto che siano di colore è meno rilevante di quanto si potrebbe pensare. L’argomento dominante in questo film sospeso fra ironia e dramma è appunto la ricerca del modo per promuovere il cambiamento sociale, ma prima ancora mentale e culturale. Qui non sono in gioco solo le problematiche legate alle violenze degli anni Sessanta, ma anche quelle orientate alla costruzione di un domani migliore. In questo senso i quattro afro-americani si sentono più americani che afro.

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[sarà pubblicata il 3 settembre 2021]

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