Pensieri psichedelici

Lasciamo a casa i complessi algoritmi della scienza

di Andrea Basci

stilla basciFoto: Andrea Basci

Tecnicamente in chimica fotografica ed ora in chimica virtuale i colori si formano attraverso due percorsi speculari: la sintesi additiva e la sintesi sottrattiva. Nemmeno pungolato da nobili motivi tecnici intratterrei il lettore con tediose argomentazioni fisiche sulla percezione del colore.

C’é.

Attraverso gli occhi, dal mattino fino a sera e la notte, attraverso misteriose costruzioni neurali, ci accompagna nelle sue sfumature più mirabili. Pare quasi una contraddizione in termini pensare alla fotografia in bianco e nero dove la negazione del colore è alla base della composizione estetica.
È una forma di concentrazione mentale dove i colori spariscono nella lettura essenziale delle forme.
A che serve il colore nella descrizione fotografica?
Provare per credere: pochi chilometri per arrivare a Zurigo. Lì, fino ad ottobre, possiamo ammirare le opere di Steve McCurry che del colore fa un dogma; un utilizzo spettacolare delle sfumature e dei contrasti che scuote i pensieri, ipnotizza lo sguardo e scaraventa in mondi lontani. Un’esperienza psichedelica che necessita di qualche minuto di iperventilazione prima di riprendere la strada di casa.

mccurry india
Steve McCurry www.juzaphoto.com

Ma è la percezione dei colori nei diversi momenti che ci accompagnano a dettare la differenza cromatica che guida pensieri e ricordi. Colori che non si dimenticano e si mischiano alle emozioni del momento.
Tutte le teorie dei colori primari lasciano spazio a quelle non codificate che passano dagli occhi e attraversano il filtro della mente, trasformano il giallo in oro o il rosso in nero. Un filo diretto con le emozioni dove l’azzurro se ne va tra cielo e mare e più è terso e più si sale di quota. Poi bastano due righe di bianco che spuma per guardare il fondo del mare e tenere ben fermi nella mente quei colori estivi, medicine preziose durante il resto dell’anno.

uva basciFoto: Andrea BasciEra uso normale fino all’evoluzione digitale, sistemare filtri colorati davanti all’obbiettivo per equilibrare i colori al momento dello scatto, rendere il mondo piacevole, reale, oppure piegarlo ai propri desideri.
Ora se ne occupano con grande impegno complessi algoritmi che rendono i colori molto simili a quelli che consideriamo giusti o ci lasciano tra le mani tubetti di olio di tutte le sfumature possibili dove il limite è solo la barriera dell’immaginazione.
Ma quando ci vogliamo concentrare sull’archetipo delle forme azzeriamo i cromatismi e lasciamo che sia la mancanza di colore a descrivere minuziosamente la scena. Poi ci mettiamo del nostro per colorarla ma è con l’assenza dello spettro proiettato dal prisma che cogliamo l’essenza descrittiva. Come togliere fronzoli e orpelli alle emozioni e concentrare i pensieri al centro.

È la partenza per iniziare ad usare la tavolozza, colorare e formare i pensieri più strabilianti, quelli che ci portano negli azzurri e ci lasciano senza fiato; colori che vanno a mischiarsi con la musica dell’anima. È l’arcobaleno che si chiude in cerchio, sprofonda nella musica e si mischia al ritmo dei sette colori, il numero perfetto condiviso con le note.

«Così si forma l’anima del mondo, bianco e nero che si colora a ritmo di musica.»

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Foto: Andrea Basci

 

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