Il cibo

Al supermercato delle canzoni

Un sogno a Detroit

di Franco Ferramini

Fred Bongusto 01

Fred Bongusto

Qualche notte fa ho fatto un sogno. Vagavo per una città americana, larghi vialoni, palazzi e grattacieli moderni, traffico, gente di tutte le etnie. Forse era Detroit.

Avevo in mente un motivo di Fred Bongusto del 1967, che recitava così: «…spaghetti, pollo, insalatina e una tazzina di caffè, a malapena riesco a mandar giù, invece ti ricordi che appetito insieme a te, a Detroit…», una vecchia canzone in cui Fred ricorda un amore passato e malinconico, quando era innamorato follemente di Lola, una cantante americana di fantasia. Io ero in quella città, e cercavo Lola, incuriosito da questa canzone, che mi risuonava come un mantra nel cervello. I sogni sono strani, si sa, e girando e girando mi ritrovo davanti a un’insegna luminosa, grande, che spiccava in un enorme piazzale. C’era scritto, a caratteri cubitali, «SONGS MARKET». Un supermercato delle canzoni? Boh, entro, e una volta dentro dalle casse una musica diffusa, una canzone per bambini, ripetitiva, quasi assillante, «Let’s go to the market» del duo americano Greg and Steve, un elenco di cibi intercalato da un coretto di bambini. Sono passato così dal 'perduto amore' per Lola ad un’innocente canzoncina per bimbi. Già, appunto, i sogni sono proprio strani. Altra situazione particolare, le canzoni erano tutte sui banconi, in vendita in vinile, nel vecchio formato '45 giri'.

 

Reparto ortofrutta

Ecco davanti a me «Banane e lampone» la canzone di Gianni Morandi in cui un uomo, in un’ora tarda della notte, non vedendo rientrare la sua compagna pensa a chissà quali divertimenti, avventure e tradimenti lo stiano per travolgere. Quando lei rientra, lui si rassicura: «Sono stata a chiacchierare, ore, ogni tanto sai ci vuole, hanno tutte dei problemi le mie amiche, per fortuna io ho te, amore».

Poi, un po’ di fragole: «Fragole infinite» di Alberto Fortis e la sua forte passione per John Lennon e i Beatles con la loro «Strawberry Field Forever», in cui ricordano con nostalgia situazioni e luoghi della loro infanzia a Liverpool, anche se molti a questa canzone danno significati più nascosti e criptici. Ancora di Fortis, la simpaticamente strampalata «Nuda e senza seno» in cui lui immagina, con molta fame e il frigo vuoto, di mangiare un’insalata «col suo seno, il cuore di sé stesso, il cervello di lei (un po’ 'poco bello', a tal punto che deve aggiungere un pezzetto del suo) e un po’ di fieno».

Ancora fragole, con «Merenda di fragole» di Renato Zero, in cui il cantante romano, senza mezzi termini, afferma «Mi ti farei come una fragola», descrivendo pure il come 'se la farebbe'. Erano i tempi del Renato Zero trasgressivo. Giro lo sguardo, ed ecco lì sul bancone il disco di Branduardi «Cogli la prima mela», altra esortazione al sesso metaforicamente espresso con frutta, questa canzone però molto più delicata e poetica. Poi mi attrae la copertina di un vecchio disco cantato da 'I due corsari' che non sono altri che i grandissimi Jannacci e Gaber: il disco è «Una fetta di limone» del 1960 in cui alle insistenti avances di una vecchia signora, loro gli rispondono «sei ricca ma sei racchia, ma guardati allo specchio, non vedi che sei vecchia» e, rifiutando tutte le proposte, le rispondono che da lei accettano solo «una fetta di limone, nel tè». Per finire, e cambiare quindi reparto, un’altra copertina, una foto bellissima di Jannacci in Piazza Duomo a Milano, con un lungo soprabito svolazzante, e lo sguardo dritto e fiero davanti a sé. È la copertina della canzone «Parlare con i limoni» del 1987, un testo ironico, struggente, surreale, nel cui contesto la frase «…e verrà il giorno in cui spariranno tutti i rompico…oni» la fa da padrona. Bellissima, vi consiglio davvero di ascoltarla.

 

Reparto pesce

Eccomi arrivato al pesce, comparto un po’ sguarnito a dir la verità. Fa bella mostra di sé solo il 45 giri di una vecchia canzone di Nino Ferrer del 1969, che si sente ancora in giro in qualche televisione non mi ricordo più se a scopo pubblicitario o come qualche sigla di programma. «Il baccalà» è un curioso motivetto in cui il popolare cantante italo-francese, che in Italia spopolava negli anni settanta, elenca una serie di cibi che lui e la sua bella si sono portati per un ipotetico picnic, insieme al papà di lei; in fondo all’elenco dei vari cibi sempre 'il baccalà'. Accompagnata da una sfrenata musica, ad un buon ascolto per niente banale, la storia dei tre malcapitati finisce con la pioggia e l’ombrello dimenticato, quindi il forzato rientro in città. Curioso il fatto che la gita fuori porta, con numerosi pacchi di cibo, viene effettuata 'in tranvai'. Semplice e divertente.

 

Reparto pane, pasta e pizza

Appena arrivato in questi scaffali, nel sogno mi pervade un meraviglioso profumo di pane appena sfornato, e mi balza subito all’occhio una copertina rosa-violaceo con un disegno di un equilibrista che cammina sul filo. È «L’Odore del pane» di Riccardo Cocciante, una splendida e delicata canzone del 1974 in cui l’artista  delinea un sottile filo di circostanze nella vita, quasi a compiere un percorso circolare che nasce dalla sosta per allacciarsi una scarpa sentendo odore di pane appena sfornato e finisce con la stessa sensazione. In mezzo la prigione, che serve al protagonista per capire l’importanza della libertà. Una tragica condizione umana alla ricerca di una più pacifica 'terra di nessuno' è invece sottolineata nella bellissima «Pane e castagne» di Francesco De Gregori, dove i protagonisti mangiano questi due alimenti nell’attesa che qualcuno gli dica dove andare, per arrivare all’amore e alla quiete interiore. Nello scaffale del pane mi attrae l’attenzione un panino farcito con carta di giornale e una fotografia, un panino un po’ antico, del 1976. La foto è di Alberto Camerini, col suo album «Cenerentola e il pane quotidiano» e il suo singolo «Il pane quotidiano». Un vero e proprio mini-trattato sociologico sul cibo, accompagnato da una musica tra il jazz-rock e il latino-sudamericano.

Mi sposto ancora di qualche metro, e passo ad una condizione di maggiore leggerezza mentale, pensando a tagliatelle di tutti i tipi, cucinate in tutti i modi guardando «Le tagliatelle di Nonna Pina», che però sono speciali. «Un pieno di energia, effetto vitamina», sono più efficaci di ogni medicina, per i bambini moderni, iper-stressati e adrenalinici tra la scuola e le mille attività che i genitori inventano per 'tenerli in forma'. Poveri bimbi. Di fianco, una scanzonata figura, un pizzaiolo con un bel faccione sorridente. Aurelio Fierro vestito così, di punto in bianco mi racconta in napoletano che lui ha portato la fidanzata in tutti i migliori ristoranti di Napoli, offrendole anche un brillante da quindici carati, ma lei voleva solo «‘a pizza, cu’ a pummarola ‘ncoppa, ‘a pizza e niente cchiù!». Alla fine lui è costretto a fargliela mangiare, ’sta pizza, per accontentarla e per tenerla stretta a sé.

 

Reparto caffè e infusi vari

Alex Britti e i suoi «Settemila caffè» fanno prepotentemente parte di questo reparto; lui è un ottimo chitarrista e la sua voce leggermente agitata mi ricorda che lui «settemila caffè li ha già presi perché è stanco di stare al volante e vorrebbe arrivare entro sera da lei». In un vecchio brano Riccardo Del Turco si chiede «Che cosa hai messo nel caffè che ho bevuto su da te, c’è qualche cosa di diverso adesso in me…» Una bella canzone ripresa di recente dalla raffinata Malika Ayane. Una Fiorella Mannoia a inizio carriera mi offre un «Caffè nero bollente».

Fuori fa freddino, come rifiutare? Il grande Pino Daniele, da buon napoletano, agli inizi di carriera nel suo grande album «Terra mia», troneggia nello scaffale con la sua «’na tazzulella ‘e cafè», che di contraltare ad un motivetto apparentemente facile, pronuncia in dialetto napoletano parole di forte denuncia sociale. Sempre rimanendo in ambito napoletano, Fabrizio De Andrè scrisse «Don Raffaè», in cui si racconta del rapporto cordiale e rilassato di Pasquale Cafiero, «brigadiere del carcere che sta a Poggioreale dal ‘53» che si confronta ogni sera in cella col boss «Don Raffaè». Ogni sera la guardia si sfoga con «l’eccellenza», bevendo «o bello cafè», arrivando alla fine a chiedergli una raccomandazione. Intorno al loro caffè si snoda un'ironica »storia all’italiana». Altra denuncia sociale che prende spunto dal caffè, scritta dal mai troppo compianto vate della canzone italiana.

Nella mia dimensione onirica, nel mio sogno, compare una musica magica, suadente, percussioni e fiati di vario tipo, col capolavoro di Ivano Fossati che mi ricorda che «chi si guarda nel cuore, sa bene quello che vuole, e prende quello che c’è… ha ben piccole foglie la pianta del tè…». Illuminato dallo splendore di questo pezzo, mi sposto di reparto.

 

Reparto dolciumi

Perennemente a dieta, spesso solo mentalmente, qualche volta nella realtà, mi accingo anche nel mio strano sogno ad avvicinarmi agli scaffali dei dolciumi. Forse fuori posto, mi salutano splendide ballerine brasiliane ballando e cantando «Cacaooo… meravigliaooo…». Ma quella marca esiste o non esiste? Un sogno nel sogno? Mah… proseguo. Incontro anche una ragazza decisamente 'grassottina', ferma davanti a confezioni di pasticcini, ma decisa nella scelta di acquistare vassoi in cui prevalgano in assoluto i bignè. È la simpatica Rosalina di Fabio Concato che «pedala e pedala… e quando è sera la sente masticare… quando è sera si ammazza con i bignè».

Barattoli di Nutella, per la canzone di Ivan Graziani «La nutella di tua sorella» con la presenza di Renato Zero. Pubblicità? Impossibile, troppo trasgressiva, ascoltatela e capirete che la prelibata leccornia di cui si parla è una chiara allusione sessuale. Si parla di amore, sesso e cibo, con molto più stile e poesia, anche nella canzone di Ornella Vanoni «Rossetto e cioccolato» in cui lei afferma che «…ci vuol fortuna perché funzioni, i brividi alla schiena e gli ingredienti buoni…» e anche «si fa così, per cominciare il gioco, e ci si mastica a poco a poco, si fa così, e tutto è apparecchiato, per il cuore e per il palato». In un bancone di surgelati, ecco i gelati, che fanno bella vista di sé anche se fuori, dicevo, fa freddo.

Avvolto in una leggera nebbia, quella dei ricordi o forse quella che ti assale quando apri lo scaffale, ecco che compare dagli anni ’70 un vecchio brano; dopo il pane, il gelato di Alberto Camerini: «Gelato metropolitano». Erano tanti anni che non la sentivo, quella veloce sequenza di gusti di gelato intervallata da simboli rivoluzionari. Evocativa e nostalgica, come per altri versi la canzone di Paolo Conte «Un gelato al limon». Paolo Conte, si sa, è uno dei geni della canzone italiana. In questa canzone, col suo stile inconfondibile, parla alla sua bella traendo spunto da «Un gelato al limon» consumato «sprofondati in fondo a una città» e le offre, oltre a molte altre desiderabili cose e situazioni, anche «libertà e perline colorate».

Una struggente nostalgia la fa da padrona anche nella bellissima «Due gelati» di Enzo Jannacci, che vengono consumati da una coppia in una relazione ricordata nel passato «…come è triste quel lamento, non lo vuole neanche il vento, mentre questa vita va…». Vita vissuta mentre lui ricorda due gelati 'poltigliati', come dice il grande Enzo. Un brusco scossone da tanta bellezza e nostalgia mi arriva da una vaschetta di gelato al cioccolato, con una canzoncina-tormentone cantata con un accento marcatamente toscano: «…gelato al cioccolato, dolce e un po’ salato, tu, gelato al cioccolato, un bacio al cioccolato io te l’ho rubato, tu, gelato al cioccolato…» È decisamente un altro Enzo, Enzo Ghinazzi, in arte Pupo. Vabbè, no comment, cambiamo reparto, l’ultimo.

 

Reparto vini e liquori

Subito Francesco Guccini con la sua “Avvelenata” mi ricorda che a lui “piace far canzoni e bere vino, gli piace far casino, e poi è nato fesso…”. Tenendo conto di questo sfogo-capolavoro, mi soffermo su una bottiglia di Albana, ma è una bottiglia particolare, è un “Albana di Togliatti” del da poco scomparso Claudio Lolli (agosto 2018), nella quale lui diceva che “la sinistra vecchia e quella nuova, Togliatti stai tranquillo, le uniamo con il vino”. Con un po’ di commozione per tutto quello che si è perso nel sociale, tanto per darmi un’altra botta, ecco due bottiglie stranamente affiancate. Una bottiglia di Barbera e una di Champagne. Nella sua “Barbera e Champagne”, Giorgio Gaber descrive magnificamente e con leggerezza una sbronza di due personaggi di diversa estrazione sociale, uno “Direttore all Onestà” (una vecchia catena di supermercati), l’altro disoccupato. Uniti da una cocente delusione d’amore, si ubriacano; uno però con una bottiglia di quello che le sue tasche gli possono permettere, Barbera, l’altro con una costosa bottiglia di Champagne. “…ai nostri dolor insieme brindiam… col tuo bicchiere di Barbera, col mio bicchiere di Champagne”. L’alcol fa malissimo ma, a volte e in compagnia, consola. 

Nel reparto liquori, ha fatto malissimo a Roberto Caputo che dice «…non bevo più tequila, da quella che notte che ho bevuto con te…». Infatti in quella notte ha avuto visioni allucinanti, una per tutte «bidoni d’immondizia che lo chiamavano papà». Ovviamente, è la sua «Non bevo più tequila». Un altro artista simile a Caputo nella sua musicalità rivolta al jazz, ma di qualche decennio prima, è Fred Buscaglione, che chiede perdono perché lui, si sa, ha il «Whisky facile». Un consiglio, cercate su Youtube lui che canta questa canzone insieme alla sua 'coscienza critica', il coro di voci bianche di Renata Cortiglioni. Due minuti e mezzo teneri e spassosissimi.

Ormai decisamente confuso, nel mio sogno nel supermercato di Detroit, mi turbinano nella mente altre canzoni che parlano di cibo: un piatto tipico ligure, «‘a cimma» di De Andrè e Fossati con musica di Mauro Pagani (che trio!), «I Crauti» cantati dalla deliziosa Monica Vitti e da altri, «Acqua e sale» di Mina e Celentano, la sconvolgente «Ma che bontà» di Mina in cui una odiosa signora assaggia un 'delizioso' cibo che in realtà è… ehm… ascoltatela. E ancora lui, Francesco De Gregori, che chiede «Dammi da mangiare» o Johnny Dorelli che chiede nel suo «Aggiungi un posto a tavola», pervaso di carità cristiana, di aggiungere un posto a tavola, «che c’è un amico in più».

Sono negli Stati Uniti, esco dal «Songs Market» e da questo strano sogno con Dean Martin che canta «That’s amore», «when you walk in a dream» e mi ricorda Napoli, la pizza, 'pasta e fazool', 'wine', e la tarantella, in un misto americano-italiano in mio onore. E penso: «Ma io non sono napoletano! Andate tutti a quel paese!» Mi sveglio di soprassalto, con una fame da lupi. 

Finalmente la realtà, buona giornata!

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