La meraviglia

Lo sguardo di Alice

Il cinema riesce a stupire...

di Ivan Mambretti

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Gelsomina (Giulietta Masina) nel file La Strada di Fellini

...non solo con immagini fantasy ed effetti speciali, ma anche con la rappresentazione-interpretazione della realtà.

"La vita normale non mi interessa, sono alla ricerca del meraviglioso." (Anaïs Nin)

Chissà se Ulisse, nel suo peregrinare di gente in gente e di lido in lido, si rammaricò mai di non possedere un marchingegno in grado di fissare a futura memoria lo spettacolo dei mari e delle isole, l'azzurro dei cieli e il verde dei boschi, l'incanto delle sirene e l'insidia dei giganti con un occhio solo. Tutte meraviglie dalle quali fu talmente ammaliato che per volerle contemplare a lungo ritardò di dieci anni il suo rientro in patria. Sta forse tutto scritto nell'epopea dell'eroe greco il più grande anelito dell'uomo: conoscere. Conoscere non solo per amore di scienza ma anche per il piacere di stupirsi delle bellezze del Creato (e pensare che il Creato, allora, era limitato al solo bacino del Mediterraneo). Mentre i naviganti esploravano nuovi mondi e gli scienziati indagavano sui misteri della natura, i primi filosofi facevano dell'umana meraviglia l'oggetto della propria riflessione ponendola persino all'origine della filosofia, quasi fosse la molla per far scattare la forma più nobile del sapere: il sapere disinteressato. All'ingresso di un'istituto dell'ateneo pavese si legge una significativa iscrizione latina: "Quid hic? Intueri naturam. Quo munere? Curiosum esse". Che si fa qui? Si studia la natura. A che pro? Per pura curiosità.

Da principio gli uomini provavano meraviglia di fronte alle manifestazioni più semplici dell'essere e del divenire ma poi, di conoscenza in conoscenza, furono assaliti da sempre più incalzanti interrogativi. Quali erano le cause dei fenomeni celesti? Quale l'influenza degli astri sull'indole umana? Chi scatenava le tempeste? Perché la terra poteva tremare all'improvviso? Chi aveva collocato nel cielo il disco del sole, fonte di vita, luce e calore? E perché, puntuali ogni giorno, calavano le tenebre? Da qui l'angoscia esistenziale e il bisogno di aiuto. Da qui le religioni e i miti, motori della storia.

il mago di oz 1024Il mago di Oz

Oltre l'arcobaleno: fantasia e fantascienza

L'uomo non ha mai smesso di chiedersi il perché delle cose e quando non ha trovato risposte con la ragione è ricorso alla fantasia. Non a caso ha inventato la lanterna magica, che è l'antenata del cinematografo: un apparecchio che proiettava su lastra disegni luminosi a una velocità tale da dare l'illusione del movimento. Dalla lanterna magica al cinema il passo non fu breve. Trascorsero un paio di secoli, fino a quando, dalla fusione tra favola e tecnologia, si originò qualcosa di straordinario. Qualcosa capace di alimentare la voglia stessa di meravigliarsi: il genere fantasy. Padre indiscusso fu Georges Méliès, mago del movimento, del ritmo e del trucco, che sapeva allargare gli spazi dell'immaginazione e prefigurare bizzarri futuri, magari ispirandosi a Jules Verne, l'immaginifico scrittore che con "Il giro del mondo in 80 giorni" aveva scandagliato il pianeta in cerca di meraviglie. Un filone, quello fantasy, cui il cinema è sempre stato debitore. Clamoroso esempio fu Il mago di Oz, gradevole rilettura della fiaba di Alice. La nuova Alice, che ha nome Dorothy, si chiude nella sua stanza per paura del tornado e al risveglio da uno svenimento vede oggetti, persone e animali volare. Anche la sua casetta è in balia del vento. È tutto un gioco di alternanza fra colore e bianco e nero, un viaggio "over the rainbow", sull'arcobaleno, come dice la canzone del film. Assistita dal mago di Oz e in compagnia di uno spaventapasseri e dell'uomo di latta, la ragazzina si incammina lungo itinerari ignoti finchè non si ritrova al punto di partenza: nel proprio letto, attorniata dagli zii e da un professore che, guarda caso, si chiama Meraviglia.

Ma è il cinema stesso, a prescindere dalle storie che racconta, un container di meraviglie. Lo aveva subito compreso Sergej Eisenstein, regista politicamente impegnato che concepì la neonata invenzione come un "montaggio di sorprese", convinto che la sorpresa, cioè la meraviglia, potesse essere un mezzo idoneo a educare i popoli agli imprevisti della democrazia. In Italia Marinetti e D'Annunzio furono grandi sponsor del cinematografo, vedendovi la bellezza della forma, l'armonia del suono e soprattutto l'esaltazione della velocità.

Dal muto al sonoro, dal bianco e nero ai colori, dai maxi-schermi al 3D, dall'analogico al digitale, il cinema ha sempre seguito e inseguito l'evoluzione tecnologica. Il primo trionfo dei moderni effetti speciali si può considerare La storia infinita, titolo che dà l'idea di qualcosa che va al di là non solo della realtà e dell'apparenza, ma persino delle umane capacità di comprensione. Il protagonista è un mite orfanello che per sfuggire ad alcuni malintenzionati ripara dentro una libreria, dove inizia il suo viaggio nel Regno di Fantàsia per salvare l'Imperatrice Bambina dal più pericoloso dei nemici: il Nulla. Una storia che ci spiega quanto siano determinanti per la vita la qualità dei nostri sogni e quanto sia importante credere in sé ma avere fiducia anche negli altri. Il film contiene un forte messaggio in favore della lettura, di cui il cinematografo è l'accattivante traduzione visiva. Ne è imprescindibile prova 2001. Odissea nello spazio del maestro Stanley Kubrick. Una festa per gli occhi, un eccitante per la mente. Ancora prima che un film di fantascienza, è un esempio, primo e unico, di metafisica per immagini. Da brivido le mistiche atmosfere musicali che accompagnano le ripetute apparizioni del monolite, al quale sono state date mille interpretazioni: l'origine dell'Essere, la prima mattonella dell'Universo, un'intelligenza venuta da altre galassie, l'epifania della perfezione divina. Chissà. La rappresentazione della a-temporalità, che prende le mosse dalle forme psichedelico-cosmogoniche che spaventano l'astronauta David smarrito nello spazio profondo, si chiude nella memorabile sequenza in cui egli vede se stesso invecchiare e morire in solitudine, così come sconvolge alla fine quel feto sospeso in un limbo dove spazio e tempo sono una cosa unica. È il Tutto che duetta col Divenire. Sta avendo origine, dopo l'origine dell'Essere (se mai l'Essere ha avuto un'origine), la coscienza materiale dell'Essere: l'uomo.

Definiremmo, quello di Kubrick, un "viaggio allucinante" se questo non fosse già il titolo di un precedente film nato da una singolare idea: alcuni scienziati si fanno miniaturizzare per entrare in un corpo umano ed esplorarlo. Dunque la fantascienza, dopo essersi occupata dello spazio esterno, volge lo sguardo nelle viscere umane e si accorge che anche lì dentro, in quell'involucro per noi così prezioso, tutto sa di infinito.

Più lieve, anche se molto incisiva, la fantascienza di Steven Spielberg. E. T. è un film per famiglie apparentemente ligio alla tradizione del genere, ma che invece ne sovverte gli schemi. Propone una fantascienza dove il terrore non viene dallo spazio, ma abita qui sulla Terra. È infatti l'amabile alieno ad aver paura degli umani, tanto che con l'aiuto di bambini innocenti e innocui come lui vola in bicicletta verso il suo pianeta, da lui agognato e indicato con due parole divenute famose: telefono ... casa. Dunque Spielberg, quasi a dispetto del suo amore per la fantascienza, si rifà nientemeno che alla lezione del neorealismo di De Sica, mettendo assieme il dramma di Ladri di biciclette e l'ottimismo di Miracolo a Milano, in cui i barboni si dirigono a cavallo delle scope "verso un regno dove buongiorno vuol dire veramente buongiorno".
Nello stupefacente film di Christopher Nolan Interstellar le dimensioni conosciute si mescolano con quelle sconosciute. Le poche ore che impiega l'equipaggio di un'astronave a compiere una missione nel cosmo corrispondono sulla Terra a interi anni e così, quando la figlia dell'astronauta viene a sapere che papà, che non vede da una vita, è ospite in una remota stazione spaziale, si fa portare da lui anche se è ormai
invecchiata, allettata e agonizzante, al contrario di papà che è rimasto lo splendido 45enne di quando era partito. Va a finire che genitore e figlia si incontrano al capezzale a ruoli invertiti: figlia decrepita e padre giovane!

luci della ribalta 1024Luci della ribalta di Charlie Chaplin 

Ennio e Nino: le alchimie della musica

La musica ha sempre avuto un ruolo determinante nella storia del grande schermo e fu forse Charles Chaplin, autore dell'Arlecchinata per Luci della ribalta, a convincersi per primo che era ingiusto trattarla come una cenerentola. A questo proposito, il cinema italiano vanta due connubi storici: Nino Rota-Federico Fellini e Ennio Morricone-Sergio Leone. Se una volta l'intervento dei registi condizionava pesantemente la composizione delle colonne sonore, con Rota e Morricone i musicisti si impongono con autorevolezza e libertà creativa, così da piegare spesso gli stessi registi alle loro ragioni. Non sono pochi i film entrati nella leggenda grazie alla musica. Basta pensare che la marcetta circense di Otto e mezzo o il nostalgico tema di Amarcord sono spesso usati come sigle di manifestazioni e festival del cinema. Quanto a Morricone, il ritmo di tante sequenze girate da Sergio Leone è a tal punto subordinato alle cadenze della musica da trasmetterci un'idea di film-balletto. Nell'estenuante triello di Il buono, il brutto, il cattivo, successivo alla corsa vorticosa del "brutto" fra le croci, la musica ha il tempo giusto per concludersi. La toccante ninna nanna di C'era una volta il West si allarga maestosa sugli scenari dell'America dei pionieri, mentre il tema di Deborah in C'era una volta in America esprime la struggente malinconia del tempo che passa.

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La vita è meravigliosa di Frank Capra

Angeli senza veli: il vero stupore sta nella quotidianità

Provocare stupore con espedienti "fantasy" è sin troppo facile. Più intrigante invece farsi incantare dalla magìa del reale. Sì, perché la meraviglia non sta solo sulle nuvole, ma è anche ben radicata nella vita di tutti i giorni. Basta un regista in gamba che la sappia filmare e un pubblico attento che la sappia afferrare. "L'arte di vivere sta nel cogliere il meraviglioso nella quotidianità", diceva Pearl S. Buck. Il vecchio film di Frank Capra La vita è meravigliosa racconta di uomo buono che, colto dalla disperazione, tenta il suicidio alla vigilia di Natale. Lo soccorre un angelo ("di seconda classe" perchè non ha le ali) che cercherà di dimostrargli l'errore che stava facendo. Pare che Modugno, componendo Meraviglioso, si sia ispirato proprio al film di Capra: la canzone, rilanciata di recente dai Negramaro, parla di un aspirante suicida salvato da «un angelo vestito da passante» che lo invita a prendere consapevolezza di quanto sia bello vivere ( ... "Ma guarda intorno a te che doni ti hanno fatto. Ti hanno inventato il mare. Tu dici non ho niente. Ti sembra niente il sole, la vita, l'amore ...").
Il cinema di Fellini è un circo di meraviglie barocche. Non a caso il circo che egli frequentava da bambino avrebbe poi condizionato buona parte delle sue opere (e dedicò ai clowns un delizioso documentario). Se la Gelsomina di La strada è simbolo di disarmante innocenza e la Paola di La dolce vita incarna la virtù, in Otto e mezzo troviamo il diavolo sotto le forme sgraziate della Saraghina, proiezione dei primi peccati adolescenziali.
Si chiama Gelsomina anche l'adolescente che interpreta Le meraviglie, film di Alice (nomen omen) Rohrwacher. Tutta immersa in una dimensione bucolica, una famiglia produttrice di miele cerca di resistere alle pressioni del mondo esterno che incombe con la sua cultura dell'artificio, dell'effimero, dell'abbaglio, del quarto d'ora di visibilità in tv. Un mondo che però un bel giorno bussa alla porta sotto forma di reality: se la vita di campagna della prima parte del film suscita la meraviglia del pubblico, comincia ora la meraviglia di quel microcosmo contadino di fronte alle seduzioni del progresso. Un mix di realtà e finzione che ci riporta a La rosa purpurea del Cairo di Woody Allen, dove durante la Grande Depressione una squattrinata signora va a sognare nel buio di una sala cinematografica finché un giorno il suo beniamino si
distacca dallo schermo e scende in platea per parlarle e per confortarla.

 

andiamo-a-quel-paeseCiliegina

Meraviglia delle meraviglie: la nostra rivista è sul grande schermo! Proprio così. Nel recente film di Ficarra e Picone Andiamo a quel paese compaiono fugacemente sul set copertine di copie cartacee di Sei in Valle. Per noi collaboratori una lieta sorpresa, per la nostra direttrice una bella soddisfazione.

E per tutti quanti un'emozione aggiunta: leggere i ringraziamenti alla Gloria nei titoli di coda...

Se non è meraviglia questa!

 

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