La zangolatura dell’oceano di latte

Ermeneutica di un mito

di Egidio Missarelli

Foucault pendolo

Pendolo di Foucault, Siena, Liceo Scientifico Galileo Galilei

“… impossibile discernere la sua forma primitiva (di Glauco nda) perché le membra originarie del suo corpo sono in parte spezzate, in parte corrose e sfigurate dalle onde, e sopra di lui si sono formate incrostazioni, conchiglie, alghe e pietre, così da farlo assomigliare più a una belva che a quanto era in precedenza”.

Platone, Repubblica, 611 c-d

Immaginiamo di essere sagaci, più di quanto forse già lo siamo: i misteri racchiusi in tutto ciò che diamo per scontato si paleserebbero come tali e ci polverizzerebbero all’istante; per chi reggesse l’impatto, rimetterebbe i cuori, le teste e le gambe, molto probabilmente, nel sacro alveo socratico e faustiano. Anche se nella maggioranza dei casi, come scrive Rosmini, sono certo che per lo più valga che «non è dubbio che quella loro volontà, fra tali e tante tentazioni, per la sua fralezza sarebbe soccombuta, e non avrebbero potuto perseverare», e nei fatti non abbiano potuto perseverare, le righe a seguire sono dedicate proprio ai pochi la cui volontà non è soccombuta. Inoltre, ciò invera la frase biblica: «Lo spirito è pronto [la coscienza n.d.a.], ma la carne è debole [il subconscio n.d.a.]», in una profonda revisione del modo di intenderla perché «la falsa spiritualità è negazione della carne, la spiritualità autentica è la sua rigenerazione, la sua salvezza, la sua risurrezione»[1].

Il problema è ermeneutico e si riferisce, nel nostro caso, al nettare dell’immortalità chiamato, nella sublime tradizione induista, amritaAmrita è la quintessenza prodotta dalla zangolatura dell’oceano di latte. 

(Anche se c’è chi vorrebbe portare di nuovo il pensiero sui binari ‘illuministici’, nonostante secoli di esperienza violenta e totalmente fallimentare, nella sfera politica ed economica ciò è più che evidente, qui si tentano percorsi di pensiero vivente, alternativi al paradigma dominante. Mi riferisco, per iniziare, alla vera scienza - non allo scientismo -, al pensiero weiliano e al postmoderno filosofico, soprattutto nelle sue declinazioni metaxologiche, come anche a una continuazione concettuale/esperienziale del tomismo).

Si dà il caso, inoltre, che qualsiasi perfezionamento che non tenga conto di un anelito e orizzonte di immortalità è una contraddizione in termini, una menzogna dell’esistenza[2].

 

albrecht durer frammento de I quattro cavalieri dellapocalisse

I quattro cavalieri dell'Apocalisse, Albrecht Dürer

Si è arrivati al surf e ci si accontenta di cavalcare le onde! Meglio sarebbe la pratica del transurfing, ma è per pochi, coraggiosi e amanti del sacro succo. Potremmo anche dire: il surf sta al transurfing come la pornografia sta al sesso! Lo so, è un po’ difficile argomentare in tal modo in un paese governato da zombi, sperando di essere capiti. Sono comunque favorevole all’uso, e all’abuso, di cotton fioc e di orologi a pendolo, ma anche al pendolo di Foucault. Ricordo inoltre il prezioso contributo di Eco nel far conoscere in Italia Alan Watts, un importante pensatore dimenticato a memoria, disperso nel vuoto pneumatico non proprio zen; a questo proposito, del vuoto intendo, si potrebbe ripetere la stessa equazione sopra citata.

Certo, le degenerazioni prodotte da strutture labili e orientate non da un pensiero scientifico intrecciato e vivificato da un postmoderno filosofico e artistico, nel solco goethiano e nietzscheano, ma da un magismo deprecabile perché irretito in proiezioni inconsce umane troppo umane, potrebbero dar credito a Lia che dice a Pim: «Allora vedi che le persone con sale nella testa se vedono il fornello dell’alchimista, tutto chiuso e caldo dentro, pensano alla pancia della mamma che fa il bambino, e solo i tuoi diabolici vedono la Madonna che sta per fare il bambino e pensano che sia un’allusione al fornello dell’alchimista. Così hanno passato migliaia di anni a cercare un messaggio, e tutto era già lì, bastava si guardassero allo specchio». Implicazioni importanti che neanche chi le scrisse in sesquipedali e cólti giri e rigiri di pensiero, poteva immaginare fossero di tale portata e, al di là delle sue credenze, fenomenologicamente risolutive. Ma, appunto, in una disposizione anti-ideologica, presso gli intellettuali pressoché assente. Quindi, in ultima analisi: falsificazioni ben condite, tese a gratificare un senso di superiorità non reale, solo immaginario, in un vomitare illuministico persino peggiore degli occultismi a buon mercato e falsi, giustamente messi alla gogna. Ma buttare il bambino con l’acqua sporca è un’operazione stupida. Da una parte come dall’altra tocca ripetere Battiato: «viaggiatori anomali in territori mistici».

Olismo mare colori

il mito di Sangar Manthan

Sempre in un rapporto metaforico del mare tra superficie e profondità, riferisco un aneddoto che riguarda l’insufficienza di pensiero espressa da un filosofo nei confronti dell’ultimo libro di Giorgio Agamben[3]. La non comprensione della differenza tra rappresentazione e percezione non ha permesso e non permette una revisione profonda del dualismo kantiano e ha portato e porta ancora a fraintendimenti ed errori, anche nei confronti della metaxologia platonica. Inoltre, l’alter Plato concederebbe una chiara visione, libera dalle ombre della caverna. Tutto ciò porta direttamente al circolo ermeneutico di Heidegger e Gadamer che, nel solco di una vera lirica ispirata, demiurgica, aiuterebbe una comprensione fenomenologica priva di errori, nell’unità esperienziale/concettuale di vero-buono-bello. Invece tocca constatare una ideologia modaiola anche presso chi dovrebbe essere un «addetto al pensiero», con uso e abuso di termini privi di senso, quali populismo filosofico e altre amenità del genere, utilizzati solo per screditare chi è fuori dalla loro portata, chi è più intelligente di loro. Il vischio del criticismo kantiano non permette loro di spiccare il volo, irretiti come sono nelle «orribili invenzioni kantiane: imperativi e doveri»[4]. Prendiamone atto e insistiamo a esser seri e veramente liberi.

Mi viene da dire (heideggerianamente): squarciato il velo che drappeggia innanzi alle comunicazioni quotidiane, riluce uno sforzo nel tentar di recuperare una coerenza, che si sente fortemente vibrare, tra il dire, il conoscere e la verità. Il suono delle proprietà intrinseche alla parola, ciò che indiscutibilmente è, si separa quasi sempre dalla realtà fenomenica e costantemente ha nostalgia di sé. Quando le parole si sfanno «nella bocca come funghi ammuffiti» è il momento propizio per iniziare un viaggio. Un viaggio verso la poesia.

Che stoltezza nell’assenza di poesia! Non ci si rende conto della fondamentale scissione da cui dipende uno stato psichico sofferente, ma anche beotamente felice di schiantarsi e farsi male. Appunto, stoltezza! Fiumi di parole vuote, retoriche, culturalmente estetizzanti e anestetizzanti, annegano la sofferenza solo in apparenza. L’affiorare continuo di incongruenze, incoerenze, banalità, idiozie, chiacchiere e inconsistenze varie, rende palese la sofferenza di un vivere che ha solamente le caratteristiche della pietra tombale: inerzia e freddezza, incomunicabilità abissale. Tutto ciò rimanda alla vita dell’uomo d’oggi, sostanzialmente riferibile come soggettivismo solipsistico, espresso e prefigurato alla perfezione dal quarto cavallo (incolore) dell’ Apocalisse. 

 

[1] Vladimir Soloviov, Il significato dell’amore

[2] Cfr. Sulla divinoumanità e altri scritti, Vladimir Sergeevic Soloviov

[3] Cfr.: Una critica irreale. Agamben e il lavoro intellettuale di Federico Zuolo, 22 luglio 2022.

[4] Vd. intervista “Amicizia e filosofia” di Leland di Durantaye a Giorgio Agamben, 2012.

Back to top
Condividi