Paesaggi familiari

Una finestra sulle nostre personalità

di Gina Grechi

finestra donna specchio 1280

Mio nonno Lino era un morbido e rassicurante paesaggio collinare.

La curva del suo ventre, sempre caldo e liscio, invitava all'abbraccio e, ogni volta, era come cingere un tronco d'albero forte e profumato. Anche il suo carattere pacifico non contemplava anfratti angolosi. Io adoravo perdermi nella considerazione dei suoi gesti misurati e lenti; ricordo che d'estate, al mare, chiamava a rapporto i miei fratelli, freschi di doccia e li pettinava 'da omini LEGO'.

Al contrario, mia nonna, che pure aveva un nome soave e sbarazzino (si chiamava Margherita), era un deserto di ghiaccio, abitato da 'pinguini imperatore' in lotta per la sopravvivenza. Stava spesso sulla difensiva, come un soldato in guerra, e difficilmente condivideva i propri sentimenti. Sulle spalle portava ancora il pesante zaino di una memoria fatta di sofferenze e tribolazioni 'ai tempi della guerra'. Io cercavo di capirla e di farmi bastare quel suo modo un po' distaccato di amare, che, tuttavia, trasmetteva protezione.

Io zio Gianni, invece, era una foresta di conifere. Aveva occhi verdi e pungenti ma, talvolta, il suo sguardo pareva annacquarsi per accarezzare la linea dei sentieri che lo portavano nel fitto del bosco, dove raccoglieva pensieri un po' filosofici e riflessioni fuori dal tempo. Io da bambina avrei ascoltato per ore il racconto dei suoi viaggi reali o immaginati, e credo che me lo sarei anche sposato, se soltanto non fosse già stato il marito della zia più bizzarra che mi potesse capitare. Lei era un vulcano.

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La zia Mercedes era un’esplosione di femminilità e capelli cotonati. Indossava abiti dai colori sgargianti e sandali col tacco che mi tenevano sveglia la notte: anch'io, da grande, sarei riuscita a distinguermi tra la folla, avanzando con eleganza su cannucce di dodici centimetri?

 

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Infine ricordo Mauro e Chiara. Loro non facevano parte della mia famiglia, ma, essendo i miei migliori amici dell'infanzia, spesso si confondevano con la lista dei parenti. Mauro era un classico paesaggio lunare, fatto di silenzi comprensibili e preziosa tranquillità. Aveva una pelle chiarissima e il sorriso più luminoso che io abbia mai incontrato. Ci capivamo al volo, ci capivamo sempre, anche senza parlare. In sua presenza diventavo un prato fiorito, straripante di vita e progetti. Chiara, invece, era una grotta di stalattiti affascinante ed enigmatica allo stesso tempo, con una straordinaria capacità innata di attrarre le persone. Quante volte, vicino a lei, io sono diventata minuscola! Eppure Chiara diceva a tutti che la mia solarità «compensava l'inesorabile oscurità del suo animo».

 

spiaggia verde beige 1280I panorami che preferisco osservare sono quelli offerti dai modi di essere delle persone che incontro, conscia del fatto che «anche se la finestra è la stessa, non tutti quelli che vi si affacciano, vedono le stesse cose»... Chissà che scenario scorgono i miei figli quando scrutano nel mio sguardo per avere certezze... Vorrei che capitassero in riva ad un mare caldo e calmo, pronti a tuffarsi senza paura, come dentro l'abbraccio più sicuro del mondo.

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