Casa montagna

Un silenzio brulicante

di Gina Grechi

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Le montagne sono 'abbracciose'. Quelle che ti vengono incontro uscendo dall'ultima galleria di Lecco, verso la Valtellina, per me, hanno un piglio severo, ma accogliente e familiare.


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Mio fratello, di ritorno dall'università, le trovava anzitutto soffocanti: diceva che la vista della loro imponenza, lo faceva sentire piccolo e costretto… Io le ho sempre difese, contemplandole insieme a quell'OLTRE, che è facile percepire, immaginandosi arrampicati sulle loro cime.

Eppure sulla vetta di una montagna non sono mai arrivata; piuttosto mi sono chiesta: non è presuntuoso, da parte mia, pensare di «dominare una potenza», invece di esserne naturalmente dominata? La verità è che «ci vuole un fisico bestiale» per puntare all'infinito!

«La conquista di una cima si paga con allenamento e fatica!», diceva mio nonno. Aveva ragione. E questo sfidare se stessi per arrivare «sempre più in alto», somiglia tanto ai viaggi di un moderno Ulisse che, più che allargare i propri orizzonti, desideri elevare il proprio spirito. Perché è sugli ardui picchi delle montagne che si può senz'altro respirare aria di assoluto e cogliere l'immensità della propria piccolezza! Coi piedi ben ancorati al terreno e il resto del corpo proiettato al di sopra del limite, sembra di invadere lo spazio proibito della 'sfera celeste', riservata a pochi privilegiati.

 

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La montagna è un grandioso essere vivente; quando invecchia, essa si incurva sulla propria mole, lasciandosi addolcire dallo scorrere del tempo. Come un ingombrante animale preistorico, esige semplicemente rispetto.

La montagna è rifugio, è pausa da tutto ciò che corre e non può aspettare, è silenzio brulicante, è superamento e meta finale. La montagna è scoperta.

 

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Ho sentito di un uomo che vive solo in un piccolo borgo situato a circa ottocento metri di altitudine e abbandonato dal mondo. Per molti è 'il selvaggio'; io l'ho soprannominato 'il filosofo': il ritmo di ogni suo giorno è scandito dal tonfo incalzante dei sassi che ribaltano il letto dei gelidi torrenti, e dalla sinfonia audace o scherzosa del vento maldestro, che disordina pensieri e fogliame; quando ha bisogno di risposte, egli alza lo sguardo al cielo e, coraggioso, «naviga le proprie stelle»; e se interroga la legge morale dentro di sé, è certo di udire la voce di suo padre. La montagna lo ha cresciuto, lo ha fortificato e ha offerto saggezza ai suoi umili dubbi. Un giorno, anche il filosofo, si adagerà ai piedi dell' 'animale' che lo ha accolto e nutrito e, stanco, condurrà finalmente il proprio spirito 'oltre il confine', che ha sempre chiamato 'casa'.

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