Un elemento potente e complesso

Interferenza Archetipo

di Enus Mazzoni

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Il mare è amato ed odiato.
Lo si conosce dal di fuori e dal di dentro:
lo conosco dal di fuori

Fa parte della tua vita o lo si rappresenta occasionalmente:
lo rappresento.
Non abito sulla costa e l’ho visto per pochi giorni.
Lo desidero quando la luce albeggia e tramonta o quando il sole è filtrato dalle nubi.
Comprendo che è generatore di vita.
Nell’immaginario è simbolo potente, universale, rimanda a significati ancestrali, primordiali.
Nasconde nel suo movimento superficiale spazi archetipi e nelle sue profondità schemi archetipi.
Il mare è dunque movimento anche se lo si rappresenta a livello inconscio o immaginativo: interferisce e si integra con la storia degli uomini dando origine e sviluppando interazioni archetipi.
Ne trovo conferma ovunque e lo si è testimoniato fin dalla nascita dell’espressione umana scritta.

 

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Nell’immaginario è simbolo potente, universale, rimanda a significati ancestrali, primordiali.

 

La mitologia Sumera

La storia vera e propria di questa civiltà è delineabile soltanto a partire dal 3000 a.C. circa.
Questa data corrisponde al periodo in cui per la prima volta al mondo, a quanto oggi sappiamo, venne messo a punto un sistema di segni adatti a materializzare e fissare il pensiero e la parola. Dopo oltre un millennio di storia, la civiltà sumerica ci ha lasciato una cospicua eredità culturale – in parte raccolta dai semiti prima e dai Greci poi – pervenuta a noi grazie all'incessante apporto delle moderne metodologie di scavo e di ricerca filologica, che nell'ultimo secolo e mezzo hanno restituito all'umanità elementi di una grande storia che sarebbe altrimenti rimasta nell'oblio.

Tra quest'eredità tramandata ai posteri, la letteratura «mitologica» rappresenta senz'altro un'immagine affascinante del pensiero e della percezione del trascendente che la civiltà sumerica concepì per spiegare l'universo e il mondo che lo circondava. L'eredità mitologica dei Sumeri è stata oggetto di assimilazione e riformulazione da parte sia dei Semiti – Accadi, Assiri, Babilonesi, Cananei – che degli Indoeuropei – Ittiti soprattutto – loro immediati successori nel corso della storia. Dai miti della creazione ai miti sul diluvio, opportunamente mediati attraverso la tradizione biblica, questi racconti sono entrati nella nostra cultura più come leggende ancestrali scolpite nell'immaginifico mondo pseudo-religioso di queste antiche culture.

Ma questa tendenza interpretativa è una deviazione moderna legata alla nostra incapacità di rapportarci con l'antico. Tale incapacità nasce per lo più dal nostro pregiudizio razionalistico ed evoluzionistico al quale siamo soliti ricorrere per spiegare il presente e, se possibile, prevenire il futuro. Certi racconti e miti ci sembrano così inspiegabili, o del tutto assurdi, da farci mettere in dubbio l'effettiva capacità intellettiva dei nostri antenati. Ciò che invece dovremmo sforzarci di fare, per poter apprendere anche solo una parte del pensiero antico, è di abbandonare preconcetti e schemi razionalistici ed avventurarci cautamente nel linguaggio simbolico che costituisce, per inciso, l'essenza stessa della conoscenza veicolata attraverso il mito.

 

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Nasconde nel suo movimento superficiale spazi archetipi e nelle sue profondità schemi archetipi.

 

Relativamente alla cosmogonia dei sumeri Samuel Noah Kramer, autorevole sumerologo, afferma quanto segue: «Vi era stato un inizio. Il primo elemento era stato l’Oceano primigenio infinito. Essi ne fecero una specie di ‘causa prima’, di ‘primo motore’. Proprio dal seno di questo Mare originario – insegnavano – era nato il Cielo-Terra. Era stato questo a ‘procreare’ l’universo. Padre divino degli dei, aveva dato l’essere al Cielo e alla Terra, che a loro volta avevano dato l’essere agli altri dei. I primi di questi si confondevano coi grandi elementi cosmici: il Cielo, la Terra, l’Aria, l’Acqua. Questi dei ‘cosmici’ generarono altri dei e questi con l’andar del tempo produssero di che popolare le più piccole parti dell’universo. Ma solo i primi erano ritenuti i veri creatori. Ad essi erano demandati, quali organizzatori e custodi del cosmo, i grandi regni nel cui seno tutto era, si sviluppava, operava. (…) Ognuno di questi esseri aveva la cura di un elemento particolare dell’universo del quale doveva guidare le attività in base a delle norme ben precise. Bastava al dio creatore fissare un piano, articolare una parola, pronunziare un nome, e la cosa prevista e designata veniva all’esistenza».

nammu

Immagine dell’universo secondo la tradizione mesopotamica,
da «Uomini e déi della Mesopotamia», Bottéro, Kramer, Einaudi Editore 1992.

L'immagine che ne scaturisce è una rappresentazione schematica dello spazio celeste – dominio della divinità suprema An – dello spazio terrestre – dominio del dio Enlil e dell'uomo civilizzato – per concludersi con il mondo sotterraneo degli Inferi, dimora della regina Ereškigal. Si tratta di una rappresentazione obiettiva e concreta dello spazio così come appariva ai loro occhi; per i Sumeri l'universo manifestato e visibile era costituito da una semisfera la cui base rappresentava la terra (KI), mentre la calotta il cielo (AN). Il mondo degli Inferi, invisibile e non manifestato, era immaginato nella calotta sferica che si estendeva al di sotto del disco terrestre. Questa sfera galleggiava sul mare primordiale (=Nammu/a) che la circondava, e ilimiti della terra costituivano i limiti fisici del loro mondo visibile, l'oceano terrestre, ovvero il mare Mediterraneo e il Golfo Persico.

Sarà perché comprendo che il mare è elemento naturale, complesso ecosistema, generatore e moto di energia indispensabile per l’esistenza della vita, da sempre, sul pianeta Terra ed è altresì fonte di ispirazione artistica, che la sua lontananza dalla mia dimora attrae in momenti senza tempo anche la mia esistenza. Nell’immaginario è simbolo potente, universale, rimanda a significati ancestrali, primordiali. Nasconde nel suo movimento superficiale spazi archetipi e nelle sue profondità schemi archetipi.

Il mare è dunque movimento anche se lo si rappresenta a livello inconscio o immaginativo: interferisce e si integra con la storia degli uomini dando origine e sviluppando interazioni archetipi:

Gli archetipi ricordano operatori matematici che operano sulla realtà virtuale, cioè sullo Spazio, sul Tempo e sull’Energia e possono modificare, mediante regole precise, le apparenze di Spazio, Tempo ed Energia.

È sì vero che l’archetipo è a noi invisibile, ma è altrettanto vero che, come tra simbolo e immagine c’è il colore, che serve per creare l'immagine, e come tra immagine e fonema c’è il suono, che serve per creare il fonema stesso, così tra l’archetipo e il simbolo c’è la sensazione.

La sensazione è un concetto molto astratto e per questo la definirò, per convenienza, emozione. In questo caso non si sta più lavorando con il linguaggio che caratterizza il metodo di lettura dell'Universo tipico del lobo sinistro del cervello, che è basato su Spazio, Tempo ed Energia: non si sta comunicando nel campo della Realtà Virtuale, ma si sta utilizzando il lobo destro del cervello, cioè si sta comunicando nel campo della Realtà Reale.

 

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Il mare è dunque movimento anche se lo si rappresenta a livello inconscio o immaginativo: interferisce e si integra con la storia degli uomini dando origine e sviluppando interazioni archetipi.

 

La Realtà Reale non ammette cattive traduzioni, perché è l'origine. Interpretazioni errate sono possibili nel linguaggio dei fonemi, ma già il simbolismo non permette che piccoli errori. Il lobo destro del cervello, che viene utilizzato dall’anima per parlare alla mente umana e la cui funzione si esalta a livello di ipnosi profonda, non permette, infatti, che ci siano interpretazioni errate.

L’inconscio non dice bugie, perché nel mondo degli archetipi esiste solo la realtà, non l’immagine distorta della realtà, ovvero la bugia. Come primissimo risultato dell’operazione che un archetipo ha effettuato su di noi, possiamo registrare la presenza di emozione; gli archetipi costruiscono il simbolo attraverso l’emozione che essi sono in grado di produrre nel mondo del virtuale. In altre parole l’archetipo agisce sulla virtualità producendo emotività, la quale viene letta soprattutto dall’anima e dall’inconscio. Gli altri livelli di linguaggio servono per far parlare tra loro gli esseri viventi e per far loro comunicare le proprie virtualità. L’archetipo serve, invece, per far dialogare tra loro le parti che compongono una sola unità, in breve per far dialogare Anima con le altre parti del Sé, cioè con la Mente, con lo Spirito e con il Corpo.

 

BIBLIOGRAFIA

  • Corrado Malanga articoli: «Archetipi-1» 20 febbraio 2006;
  • Jean Bottéro, Samuel Noah Kramer: «Uomini e déi della Mesopotamia», Einaudi Editore 1992;
  • Eugenio Montale: «Ossi di Seppia» 1920 – 1927, Arnoldo Mondanori edizione Oscar 2009;
  • Ernesto Mele: «Alle radici del Mito: la cosmologia dei Sumeri» 
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