L'amore

Purtroppo per lui (e per noi)…

… il mondo attuale punta sull’individualismo

di Luca Calabrò

estasi santa teresa

Estasi di Santa Teresa d’Avila, Gian L. Bernini

Nel giro, illusoriamente ampio, dell’«immaginario» attuale, fitto di pensieri, passioni, immagini, storie, sentimenti, sguardi sul mondo, il tema dell’Amore si rifrange ovunque.

Dal più banale programma televisivo al romanzo di successo, l’Amore e il suo ineliminabile alter-ego, l’Odio, regolano le relazioni tra individui come un centro di gravità quasi unico. E fin qui apparentemente tutto normale. Ma, anche se si vuole che l’amore, il desiderio, l’attrazione, l’ardore siano una realtà sovratemporale, cambiano i termini in cui si attuano. In generale astratto, essi sono il momento storico, la società, l’ambito culturale, ma, in termini pratici sostanziali, sono il corollario fondamentale di tutto questo: «l’individuo».

Nella celebre e raccapricciante frase di Margaret Thatcher «non esiste la società, esiste l’individuo», c’è una sintesi perfetta del problema. Quale individuo? Il sottinteso, indicibile, della frase è che l’individuo in questione non è l’uomo greco - a qualunque classe appartenesse - o il poeta delle corti, il fedele d’amore della Vita nova di Dante: è il consumatore, immerso nel sistema di condizionamento e sollecitazione sensoriale più potente che la storia abbia prodotto. Parlare d’amore come momento atemporale, astraendo completamente dal contesto, è l’inganno luciferino che si attua ormai inconsciamente.

shiva estatua oro buddha

Old Nepali Shiva-Shakti

In una intervista Franco Battiato diceva circa così: «Quando mi si parla di individuo devo sapere che tipo di individuo, qual è il suo livello di evoluzione interiore».  Se l’ingenuo motto di tempi ormai lontani era «il privato è pubblico», oggi il motto sarebbe «esiste solo il privato», la dimensione assolutamente privatistica e consumistica dell’individuo. L’Amore oggi trionfa in questo contesto desertificato. L’orizzonte immensamente lontano dell’ideale, del sacro o dell’utopia si restringe nel circolo chiuso dei rapporti personali, quotidiani, all’infuori dei quali c’è l’amorfo.

 

Ma il sistema mediatico generale riflette l’esperienza individuale quotidiana nello scenario generale come unica modalità dell’essere e il mondo si rimpicciolisce. «La terra sarà diventata più piccola e su di essa saltellerà l’ultimo uomo, quegli che tutto rimpicciolisce», annuncia profeticamente lo Zarathustra di Nietzsche. Nessun ideale superiore, nessuna aspirazione utopica che spinga l’individuo oltre se stesso. Nessuna idealità capacitante ma un eterno presente che replica all’infinito il già dato.

Quale presenza è in questo contesto realmente totalitario - come intravedeva Tocqueville - l’Amore?

Sembra che in un contesto di condizionamento così sottile e pervasivo non sia certo la forza che spinge verso un altrove in senso evolutivo: il mondo attuale non ha bisogno di alterità. Il piccolo ego attuale massificato, omologato e narcisistico, secondo modalità dozzinali, tende all’asfittico e l’Amore non redime più da ciò che si è, ma conferma il presente secondo la 'produzione' continua e fantasmagorica dell’uguale. La dinamica individuale è privata di un grado più alto di esperienza, di un orizzonte più vasto che la trascenda, sia esso politico, utopico, religioso, coscienziale o semplicemente panteistico, secondo un’esperienza integrale del mondo.

Credo che l’Amore come moto verso l’alto in senso generale non possa manifestarsi realmente al di fuori di un sentimento alto e completo dell’esistenza, anzi lo postuli per attuarsi pienamente. Se le leggi interiori e profonde della persona sono colonizzate e manipolate da istanze eteronome e pervasive la loro attuazione ne è implicitamente deformata. Queste forze eteronome tendono, come istanza totalitaria, a una disumanizzazione integrale.

In questo 'carcere mentale' senza apparente via d’uscita una reazione immediata è il confronto con la produzione intellettuale di altre epoche.

 

 

Nella Vita nova Dante traccia un percorso spirituale iniziatico di chiaro stampo anagogico, ossia di elevazione spirituale. Qualsiasi elevazione spirituale pone l’alterità come fondamento e fine: tutto l’opposto dell’oggi dove sotto la fantasmagoria caleidoscopica delle forme appare l’ordine del medesimo secondo un’unica legge di produzione. Chi scambia la rutilante varietà della superficie come diversità non vede la legge profonda che calcola secondo una unificazione che non prevede un vero altro, ma solo una pseudo varietà quantitativa. In Dante l’Amore è forza trascendente: ogni percorso spirituale vero ha come fine la distruzione completa e senza residui del proprio piccolo ego quotidiano e la rigenerazione in forma nuova. E questo passa sempre attraverso una “crisi”. Dante attraversa questa crisi rinnovatrice e già il titolo Vita nova chiarisce questo punto come percorso interiore. Fondamentale e subito evidente è come l’oggetto onnipresente del desiderio, Beatrice, sia lontano, inaccessibile. La lontananza, lo sguardo furtivo e intenso sull’oggetto amato creano una tensione. Questa tensione sempre attiva è la base del lavoro 'alchemico' dell’opera, la fonte del dramma. Nel palcoscenico interiore così acceso e dinamizzato l’agente fondamentale è Amore, personaggio in confronto attivo col soggetto. Le varie 'crisi' che il soggetto attraversa sono tappe verso la contemplazione finale del sonetto con cui l’opera si conclude. Sembra quasi che l’oggetto amato, Beatrice, funga da catalizzatore di forze interiori che Dante evoca e personalizza a partire da Amore. Il sonetto finale, dunque, riassume e compie perfettamente la prospettiva anagogica di cui si parlava prima sin dall’esordio: «oltre la spera che più larga gira». È la sfera del nono cielo, Cielo cristallino o Primo Mobile, cielo che nella Commedia Dante trapasserà per accedere all’Empireo. Là dove Dante arriverà fisicamente ora passa «il sospiro che esce dal mio core». Le immagini e i luoghi non sono più quelli terreni dell’inizio dell’opera - le vie di Firenze, gli sguardi quotidiani - ma sono le vie di una più elevata coscienza illuminata dall’«intelligenza nova».

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