Logos spermatikos e blablaismo

La parola poetica e le deiezioni mercantil-moralistiche in nuce

di Egidio Missarelli

El jardín del amor Rubens lou

Il girdino dell'amore, Pieter Paul Rubens

Si cominci da Eraclito, dagli stoici e da Giovanni. O ancora prima, dal rinnovato spirito degli sciamani d’oriente, d’occidente, del nord e del sud.

 

Il Giardino d'Amore

Nel Giardino D'amore un giorno entrai
e vidi cosa mai veduta prima:
una Cappella eretta proprio al centro
del prato ove ero solito giocare.

Essa aveva cancelli ben sprangate,
«Tu non devi» era scritto sulla soglia;
io al Giardino d'Amore mi rivolsi,
che tanti fiori aveva generato;

e lo vidi di tombe tutto ingombro,
e al posto dei fiori v'eran lapidi;
e Preti neri intorno ad imbrogliare
tra spini i miei piaceri e desideri.

William Blake


 

 

Si cominci da Eraclito, dagli stoici e da Giovanni. O ancora prima, dal rinnovato spirito degli sciamani d’oriente, d’occidente, del nord e del sud. Non però dalle loro contraffazioni ideologiche, oggi così numerose, non solo presso i new agers ma anche presso neo-kantiane, freudiane e dogmatiche – materialistiche e spiritualistiche, politiche ed economiche, sociali e pseudo-solidali – riproposizioni di esiziali caput mortuum in perenne esposizione. Si può pensare, ad esempio, alla difesa di Adolf Eichmann davanti al tribunale di Gerusalemme, in cui pretendeva di supportare con l’imperativo categorico di Kant la sua obbedienza alle leggi naziste. Secondo la Arendt, Eichmann era un uomo banale, come la maggior parte delle persone che vivono una vita addomesticata o, detto con i termini di Heidegger, una vita inautentica, sostanziata dalla chiacchiera, dominata dal «Si», deiettiva.

 

Adolf Eichmann court counts Jerusalem war crimes 1961

Processo ad Adolf Eichmann, Gerusalemme 1961

 

Presento qualche esempio contemporaneo dicendo, non solo provocatoriamente, che a mio avviso lo yoga o è Patanjali nel rinnovamento aurobindiano ( purna yoga ) o ha lo stesso valore di un medicinale scaduto e di una banalissima ginnastica. Se ci poniamo nella prospettiva della libertà, risulta inoltre che le pedagogie dell’addomesticamento, le psicologie del limite (compresi, i numerosi e pittoreschi esoterismi new age) sono totalmente inefficaci e anacronistici, sono mera chiacchiera e vuota retorica vendute a caro prezzo o strette in inadeguate e idiote burocrazie statali. Inoltre, mi sembra altrettanto chiaro che i chierici di ogni chiesa e setta subiscano la corruzione del tempo, irretiti come sono in dottrine astratte e in un loop fetido di cadaveriche riesumazioni e ostentazioni – utilizzando gli ingredienti di sempre: moralismi, fanatismi, censure, ricatti, roghi (per fortuna oggi solo metaforici), pedofilia, potere, denaro –, così da non poter far altro che vendere fumo, e via dicendo.

In altri termini, assistiamo all’evidenza di una nuova forma di estetica mercantilista che promuove, ancora e sempre, le anestetizzanti nostalgie di Gatsby[1], oppure sollecita le memorie ancestrali vendendo sogni (per approfondire vedi il mio articolo di marzo 2013 «Archetipi e falsificazioni» ). Si assiste sempre più a un «invecchiarsi adolescenziale del mondo», per dirla con Alvi, e non, per dirla con me e come auspicabile dopo Nietzsche, un «post-leonino fanciullizzarsi del mondo». Viene offerta una perversione del vero in un reiterato circo sostanziato da papaveriche immagini alla Walt Disney[2].

 

vitello oro

Adorazione del Vitello d'oro di Nicolas Poussin

 

Nella trascuratezza generale, il serpente di Zarathustra scioglie gli enigmi nell’autonomo ricominciamento solare, in quanto esso è il simbolo arcaico aionico e kairotico della sua nuova profezia, ancora oggi totalmente da intendere. Si preferiscono invece vitelli d’oro, idoli e feticci: specchi della realtà in cui viviamo. Ne è causa l’assenza di una poiesis orfica, unico canto che paradossalmente, in un’inversione sirenica, disincanta. Proprio come la lirica zarathustriana, da intendersi come quantistica ante-litteram.

Oggi Federico Faggin semina. Si raccoglierà tra mille anni. Forse!

Lo stupro secolare perpetrato a danno del Logos rende vacuo e inutile l’ordinario sproloquio, devitalizzato fin nel midollo. Zombie. Fantasmi tentacolari che si mangiano tutto e tutti. Quasi tutti!

La matrice è pura ( Apocalisse 12, 1-18 ), attende l’epifania della parola generatrice. L’imene non garantisce nulla. Altri livelli, non consolatori, ma, se attesi, solo attrattivi, oltremodo, oltre misura. Un potere realmente generativo, unico ed eterno, sconfina nel puro e silenzioso suono: Pallaksch, valore mantrico del forsennamento del soggettile. Deterritorializzarsi in un corpo senza organi, farsi corpo senza organi, così Artaud intuisce e produce il vero teatro, la vera danza, la vera vita transustanziata nel puro concetto e nella pura carne (dicotomia apparente).

Se si volge al termine, nel silenzio, ce la si può fare.

La semplicità di una coscienza indo-europea al contempo estatica, estetica ed etica: unico atto, anzitutto esplorativo e poi creativo. Non c’è altro da sapere. È il tutto. È la poiesis, puro spirito nascente, logos senza nomos. Logos spermatikos.

 

The Triumph of Death by Pieter Bruegel the Elder

Trionfo della Morte, Pieter Bruegel il Vecchio, circa 1562

 

Esempi

In mancanza di una coscienza apocalittica, si abbia almeno, come in Giacomo Leopardi, il concetto della divinità del male: 


 

Ad Arimane

Re delle cose, autor del mondo, arcana
malvagità, sommo potere e somma
intelligenza, eterno
dator de' mali e reggitor del moto…

Produzione e distruzione, ecc. Per uccider partorisce, ecc. Sistema del mondo, tutto patimenti…
E il mondo civile t'invoca…
Taccio le tempeste, le pesti, ecc., tuoi doni, ché altro non sai donare. Tu dai gli ardori e i ghiacci.

E il mondo delira cercando nuovi ordini e leggi e spera perfezione. Ma l'opra tua rimane immutabile, perché per natura dell'uomo sempre regneranno l'ardimento e l'inganno, e la sincerità e la modestia resteranno indietro, e la fortuna sarà nemica al valore, e il merito non sarà buono a farsi largo, e il giusto e il debole sarà oppresso, ecc. ecc..


 

Il testo seguente si riferisce all’antica tradizione vedica della Bhagavad Gita. Essa dovrebbe essere oggi recuperata e preparata nel crogiolo delle tre metamorfosi (cammello, leone e fanciullo) e alla luce della morte di dio di Nietzsche, pena uno scarto evolutivo retrivo e allucinato, presente in molte correnti contemporanee dove manca l’unione delle prospettive storiche monumentale, antiquaria e critica:

«Liberi dall’attaccamento, dalla paura e dall’ira, assorti in me, prendendo rifugio in me, purificàti dal fuoco della conoscenza, molti hanno raggiunto il mio essere» ( Bhagavad Gita, Cap. IV-10 ).


 

Tranquillità d’animo del viandante

Di quanto è spregevole
nessuno mai s’affligga,
perché è il potere,
qualunque cosa ti si dica.

Nel male spadroneggia
per il suo profitto,
e col bene si regola
del tutto a suo arbitrio.

Viandante – a tale distretta
tu ti vorresti opporre?
Vortice e mota secca,
lasciali girare e farsi polvere.

J. W. Goethe


 

La mia vita non è quest’ora in salita
dove in affanno mi vedi.
Sono un albero davanti al proprio sfondo,
una sola delle mie molte bocche,
quella che per prima tace.

Sono la pausa fra due suoni
che solo a fatica trovano l’accordo,
perché il suono morte è dominante.

Ma nel buio intervallo si incontrano
nella stessa vibrazione.
E il canto resta bello.

R. M. Rilke


 

La veduta

In lontananza va la vita dell’uomo,
Dove scintilla dei tralci il tempo nuovo,
Il campo dell’estate si svuota di figure,
Appare il bosco con immagini oscure;

Completi la natura l’immagine dei tempi,
Che resti, ed essi scorrano svelti,
È perfezione, il cielo invia splendori
All’uomo, come gli alberi si avvolgono di fiori.

F. Hölderlin


 

Quindi l'ali sicure all'aria porgo
né temo intoppo di cristallo o vetro:
ma fendo i cieli, e a l'infinito m'ergo.
E mentre dal mio globo a l'altri sorgo,
e per l'etereo campo oltre penétro
quel ch'altri lungi vede, lascio a tergo.

Giordano Bruno


 

Si è fatto mangiare il corpo umano,
lo si è fatto bere,
per evitare di farlo danzare.
[…]

La peste, il colera,
il vaiolo nero,
esistono solo perché la danza
e di conseguenza il teatro
non hanno ancora cominciato ad esistere.
[…]

La terra si dipinge e si descrive
Sotto l’azione di una danza terribile
alla quale non si sono ancora fatti dare
epidemicamente tutti i suoi frutti.

Antonin Artaud


 

Glossolalia

Ya menin
fra te sha
vazile
la vazile
a te sha menin
tor menin
e menin menila
ar menila
e inema imen.

Antonin Artaud


 

 

[1] “E mentre me ne stavo lì a rimuginare sul vecchio mondo sconosciuto, pensai alla meraviglia di Gatsby nello scorgere per la prima volta la luce verde in fondo al pontile di Daisy. Aveva fatto tanta strada per avere questo prato blu e il suo sogno deve essergli sembrato così vicino che difficilmente gli sarebbe sfuggito. Non sapeva che era già alle sue spalle, nei recessi delle vaste tenebre che si aprivano dietro la città, dove i campi bui della repubblica si estendevano nella notte. Gatsby credeva nella luce verde, l’orgastico futuro che anno dopo anno arretra davanti a noi. Ci è sfuggito una volta, ma non importa - domani correremo più veloce, tenderemo le braccia più avanti… e un bel mattino…
Così continuiamo a remare, barche controcorrente, sospinti senza posa nel passato”; da Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald

[2] Nel testo Verità segrete esposte in evidenza Elémire Zolla nota: “Oggi le storie sacre e anagogiche, come i verificabili, le rifiuta la gente stessa che quotidianamente si lascia beffare dai fabbricanti di immagini politiche, dai produttori di pubblicità. Chi disdegna la storia sacra è soggiogato dalle fantasticherie predigerite che gli schermi gli risputano nella mente inerte, e chiama realtà concreta le fantasticherie che assorbe e riproietta sul mondo esterno inconsciamente. Quanto alla verità, nemmeno potrebbe mai desiderare di saperne qualcosa costui, poiché ignora il mondo dell’immaginazione vera. L’immaginazione anagogica è oggi ignota, eppure nell’immaginazione tutto è radicato. Chi non sappia usare le immagini secondo anagogica è alla mercé di chi gliene fabbrica, fantoccio nelle mani di un burattinaio”.

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